Giancarlo ‘Giba’ Guani e la ribellione dei giochi di una volta

La ‘missione’ dell’anziano spezzino che porta pifferi, tappini e biglie nelle scuole e nelle piazze

Giancarlo 'Giba' Guani al centro fra Giorgio Scotto e Maria Pia Romano

Giancarlo 'Giba' Guani al centro fra Giorgio Scotto e Maria Pia Romano

La Spezia, 18 agosto 2016 – Il suo progetto è di riportare il gioco nelle scuole o dovunque ci sia lo spazio per divertirsi. I giochi sì, ma quelli di una volta, quelli di quando lui, Giancarlo Guani, ma per tutti semplicemente Giba, era bambino. In questi anni, il settantatreenne lo ha fatto e così anche nell’anno scolastico che si è concluso due mesi fa, pronto a riproporlo in quello che partirà a settembre. Diversi giorni alla settimana, ha girato decine di classi in provincia della Spezia, soprattutto delle scuole primarie, ma è arrivato fino alle superiori anche per presentare il rischio del doping, attraverso un cortometraggio molto interessante ed educativo, anche affiancato dall’amico Enrico Colombo.

Nei mesi scorsi si è recato anche, in qualità di ospite, a Serramazzoni, Modena e Parma. Grazie allo Studio Ghiretti di Parma che organizza gli eventi legati al giro d'Italia, la Pallavolo Don Bosco (di cui Guani è il factotum e la moglie Maria Pia Romano la presidente) e la Fondazione Villaggio Famiglia (presieduta da Bruno Dal Molin, con Guani referente per l’attività sportiva e scolastica) sono stati invitati per approntare diverse giornate dove il protagonista principale è stato il ‘Giro d'Italia a tappini’ assieme a diversi giochi che occupavano le giornate dei bimbi, tanti anni fa, dopo l'uscita della scuola e nei giorni festivi. Con loro un dinamico gruppo composto anche da Giorgio Scotto, Pier Paolo e Silvio Guani, Stefano Squatrito, Tatiana Di Pino e PierAngelo e Luciana Devoto.

Scusi Giba, ma i bambini hanno smesso di giocare davvero?

“C'era una volta un bimbo che giocava nei cortili e nelle strade quasi totalmente prive di macchine, magari anche sui sagrati delle chiese. Questi luoghi divenivano terre di conquista dove si giocava per interi pomeriggi, fino al richiamo ripetuto delle mamme per il rientro a casa. Con addosso i vestiti del fratello più grande, ci si buttava all'aperto dove per divertirsi bastava poco: delle biglie, dei tappini, delle figurine, delle cerbottane con innescato il piffero e spesso una palla fatta con gli stracci, fra canottiere, asciugamani e fazzoletti”.

Ed oggi?

“Ora ‘il mito del gioco’ si ribella e come sempre si scopre che tutto è impostato nella richiesta universale dei ‘perché’. Chi è l'uomo che non si rende conto dell'enorme danno, fatto ai bambin nel privarli del diritto al gioco? Del diritto a saltare, a correre, a sporcarsi, a scoprire, a stupirsi. Chi è quest’uomo che toglie al bimbo l'aspetto dominante della sua crescita, il momento in cui acquisisce le abilità motorie, la capacità di pensiero, che favorisce il suo aspetto affettivo, cognitivo e sociale. Io porto ‘il mito del gioco’ che si ribella nelle scuole ed all'aperto. Riproporre i giochi di una volta, significa far conoscere ai bimbi parte della nostra storia e della nostra cultura”.

Insomma, chi è il bimbo del 2016?

“È lo stesso di ieri, ma in un mondo che non è più lo stesso, perché non invia gli stessi messaggi. Il bimbo di oggi non ha più vincoli di parentela con il passato, ora si è imparentato con una tecnologia fatta di telefonini, computer e tante altre cose, che lo porteranno a non comunicare ed a sentirsi sempre più solo”.

Cosa le ha fatto prendere la decisione di compiere questa vera missione divulgativa?

“Ero ai giardini con un mio nipotino e lui mi ha chiesto di fare un giro sulla giostra. Tutto bene, fino a quando il titolare non piazza un piccolo peluche in alto: chi lo prende ha un giro gratis. Basta poco perché la poesia ed il fascino del giro sul cavallo o sull'elicottero in miniatura, si trasformi in una gara. Anche con il rischio di cadere, ecco i bimbi che si alzano a cercare, a tentare di prendere il peluche, fino a quando il mio piccolo mi dice ‘nonno fammi scendere, non mi diverto più’. Era finita la magia del gioco. Come dice Powell, bisogna dare ai bimbi l'esca che vogliono loro e non la nostra. Il giostraio (la società) usa esche sbagliate. Credo di essere ancora un bimbo tra i bimbi, senza peluche di nessun genere”.

Ma nelle scuole?

“Oramai sono quindici anni che lo faccio e sono stato in decine classi (fra le quali, in particolar modo, nelle scuole primarie di piazza Verdi, di via Napoli, la Nello Olivieri a Rebocco, il 2 Giugno, l’istituto Sacra Famiglia e la Pia Casa di misericordia) a far giocare e giocare io stesso assieme a maestri e maestre, negli ultimi anni assieme alla Fondazione Villaggio. Ogni volta apro i cassetti dei ricordi, attento a non strafare nella tana che maestri e maestre ed i bimbi mi hanno preparato. Nei giochi che propongo, mi rendo conto che la magia è sempre dalla parte dei piccoli ed allora le smorfie della vita, diventano sorrisi e mi accorgo che nella nostra tana, neppure gli indiani Apaches ci possono stanare. Poi quando la lezione finisce, mi viene voglia di passare in segreteria per chiedere se c'è ancora posto per iscrivermi il prossimo anno alla prima elementare”.

Ed è vero, fa tutto gratis?

“Due anni fa ero, questa volta con una mia nipotina, ai giochi dei giardini e mi si sono avvicinati due ragazzi. ‘Ciao Giba, ti ricordi di noi? Sai abbiamo sempre sul nostro comodino, vicino all'abat jour, il tuo pezzetto di palla che ci hai donato al termine della lezione a scuola’ (lui tagliava a fettine vecchi palloni e li regalava come fine percorso ai partecipanti, ndr). Ecco, questi sono i miei guadagni e sono tanta roba”.

Il futuro di Giba?

“Nelle scuole ed ovunque ci sia un bimbo che voglia giocare. L'energia non mi manca".