Dipendenze, allarme del consorzio Cometa "E il sommerso ha dimensioni vastissime"

Ecco come funziona il percorso di assistenza promosso dal network di don Martini. Nel 70% dei casi il recupero dà esito positivo

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E’ uno degli avamposti sul territorio e da lì, ogni anno, passano centinaia di persone che chiedono aiuto per uscire dal tunnel della dipendenza. Alcol ma non solo. C’è la droga, ma anche il gioco d’azzardo. Il ruolo degli operatori del consorzio Cometa, la galassia delle cooperative sociali che fanno capo al network di don Franco Martini, in molti casi risulta decisivo, se è vero che statisticamente circa il 70 per cento dei giovani e meno giovani che bussano a quelle porte riesce alla fine a completare il percorso di recupero, ritrovando la propria ragione di vita.

Il dottor Fausto Rossi è il responsabile del progetto Polidipendenza ambulatoriale di Cometa. Un osservatorio privilegiato, il suo, sull’andamento delle dipendenze dall’alcol in provincia. Che, complice la pandemia, stanno registrando un significativo aumento rispetto al 2020. "Le statistiche del 2021 – spiega il dottor Rossi – non sono ancora complete, perché i consuntivi si fanno a dicembre, già ora però si può parlare di un incremento di casi del 2 per cento. Lo dicono le domande di assistenza che ci arrivano, e i motivi sono facili da individuare. Passato il lockdown, hanno riaperto le sale da gioco, c’è la corsa all’aperitivo e le forme di depressione vengono compensate in qualche modo dall’alcol. Nel corso del 2020 presso le nostre strutture ambulatoriali avevamo in cura 134 persone con un’età media di 39 anni, con una significativa presenza di neomaggiorenni fra i 18 e i 20 anni. Le comunità residenziali ospitavano invece 46 persone in trattamento, con un’età media di 35 anni".

Come avviene la presa in carico di una persona che ha un problema di dipendenza dall’alcol?

"Quando arrivano neo diciottenni in situazioni critiche, cioè a rischio di gravi patologie, viene richiesto l’intervento psicoterapico, che può essere individuale o di gruppo. Spesso c’è correlazione fra una dipendenza e l’altra, chi ha problemi con l’alcol gioca o viceversa; capita frequentemente che chi cerca di uscire dalla cocaina ripieghi, per così dire, sull’alcol. Così come chi fa uso di psicofarmaci li alterna all’alcol per cercare un rimedio temporaneo al proprio disagio. In questo lavoro operiamo in stretta collaborazione con il Sert. I numeri, in assoluto, non sembrano particolarmente alti, ma c’è da mettere in conto, come si desume dai dati elaborati dall’Istituto superiore di Sanità, che il consumo di alcol è in aumento, e comunque chi si rivolge a centri di assistenza pubblici o privati rappresenta solo il 4-5 per cento delle persone bisognose di aiuto. Il sommerso ha dimensioni vastissime".

Attraverso quali canali chi ha un problema di dipendenza dall’alcol si rivolge a voi?

"Gli approcci avvengono in molti modi. In gran parte chi ha bisogno di aiuto ci trova via Internet, digitando semplicemente poche parole chiave, tipo ‘cura alcol Spezia’. Oppure passa prima dal Sert, la struttura dell’Asl, che poi li indirizza a noi. Molto diffuso è anche il passaparola, così come può capitare che la presa in carico avvenga internamente, col passaggio da un servizio all’altro, a seconda delle necessità terapeutiche".

Come comincia il percorso di aiuto?

"C’è un primo colloquio di conoscenza, per capire se siamo in grado di dare una risposta adeguata a livello ambulatoriale, diversamente viene coinvolta la comunità terapeutica. Seguono poi altri colloqui, 4-5 in tutto, che sfociano in genere nell’inserimento in un gruppo di auto mutuo aiuto. Chi viene da noi in genere è molto motivato, per questo nel giro di due anni la persona inizia a stare meglio, diciamo che l’esito è positivo nel 70 per cento dei casi. Non mancano le ricadute, in tal caso ci lavoriamo sopra in modo da poter riprendere il percorso".

Franco Antola