Lotta al degrado: viaggio tra incuria e maleducazione

La ‘perla sul mar’ macchiata dal menefreghismo, olter che dai piccioni

Piccioni

Piccioni

La Spezia, 11 agosto 2018 - O bella Spezia! La «splendida perla sul mar» si apre sempre più ad una pacifica e festosa invasione di turisti, che arrivano qui non solo per scoprire le bellezze delle Cinque Terre e del Golfo, ma anche per la città e per i suoi tesori. Come si presenta a chi sceglie di visitarla? Chiudiamo gli occhi, dimentichiamo di vedere ogni giorno vie, colli, palazzi, lungomare e riapriamoli come se fossimo lì ad ammirarli la prima volta. Ed ecco che ci soffermiamo sui colori pastello delle case, sulla magnificenza dei giardini, sul colpo d’occhio degli edifici storici…notando qualcosa che non va. La bellezza c’è e non si nasconde, ma è appannata dalla maleducazione, dall’incuria e dalla sporcizia. Per tanti che arrivano sbarcando dalle navi da crociera, la Cattedrale e i portici di via Chiodo sono un biglietto da visita non dei migliori: la scalinata che porta verso l’alto è macchiata da incrostazioni, sotto la ringhiera si trovano bottiglie, escrementi di animali abbandonati nei sacchetti dai padroni, cartacce. E se guardando verso l’alto in tanti ammirano i soffitti affrescati dei palazzi storici…meglio non andar verso il basso: i pavimenti sono macchiati, per non parlar delle colonne, prese di mira da una moltitudine di cani che lasciano il segno.

Camminando fino in piazza Verdi, non si può non notare lo stato degli archi di Buren: specchi e colori segnati dagli agenti atmosferici, dallo smog e dalle ditate, oltre che dai bombardamenti aerei dei piccioni, sono una copia sbiadita dell’originale. Va peggio se ci spostiamo ai giardini: nel ghiaino, ci tocca far lo slalom fra buche ed escrementi di Fido, che giustamente vuol sgranchirsi le zampe, ma evidentemente ha padroni smemorati, capaci di lasciare in eredità alla cittadinanza una lunga serie di ricordini. E si resta a bocca aperta non solo davanti alla magnificenza delle palme o di uno spettacolare cedro del Libano: a stupire è anche l’imbecillità di chi ha pensato di rendere illeggibili i cartelloni del Garden Club con i suoi «tag».

Decidiamo di puntare verso via Prione, accompagnati dai gabbiani che danno la caccia ai rifiuti abbandonati. In un breve tratto di via Chiodo, sempre fra una colonna-vespasiano e l’altra, ci fermiamo a legger scritte con divertenti botta e risposta, ad ammirare il talento ingegneristico di chi riesce ad infilare rifiuti negli anfratti più strani e a raccogliere le proteste dei negozianti di fronte alla pavimentazione dissestata. In via del Torretto il dehor di un ristorante che ha cessato l’attività è diventato un’isola ecologica abusiva, in piazza Sant’Agostino meglio evitare certe panchine se non si vuol rientrare con originali decalcomanie sul lato B, e in via Sforza, dove per fortuna si sta per restaurare la «Ferita di guerra» presa di mira dalle solite bombolette indisciplinate, tocca tapparsi il naso dalla puzza mentre osserviamo una distesa di bottiglie diligentemente accantonate vicino ai bidoni della differenziata. Fra lastricato che si sgretola e altre amenità, eccoci giunti nel cuore del centro storico di via del Poggio e via dell’Indipendenza: a salutare l’ascesa verso il castello, bici abbandonate, scritte (il graffito è un’altra cosa) che sfregiano un bellissimo trompe-l’œil alla ligure, ancora spazzatura. Insomma, al forestier continuiamo a mormorare «Ritorna in questa città», ma per la prossima volta un po’ di olio di gomito e di educazione civica da parte di tutti gli spezzini, non guasterebbe.