Caso Corini: indagato per omicidio anche l’infermiere

"Portò i flaconi di sedativo a Marzia". Per lui, inoltre, l’accusa di peculato: ‘Prese il midazolan in ospedale’

L'avvocato Corini

L'avvocato Corini

La Spezia, 5 aprile 2016 - Un infermiere di provata esperienza, un amico del cuore, pronto all’assist, anche quello sul filo del rasoio, per corrispondere ai desiderata di Marzia Corini, medico anestesista, aspirante ereditiera milionaria, tessitrice dell’intrigo testamentario ai danni dalla fidanzata e promessa sposa del fratello: reperire farmaci dai potenziali effetti letali, concorrere alla loro somministrazione nel corpo sfibrato dell’avvocato dei vip, malato terminale per un tumore all’intestino. Fabio Giannelli – 48 anni, originario di Vecchiano, dipendente dell’Asl pisana, in servizio presso il reparto di rianimazione ed anestesia – a un mese e mezzo dall’arresto della sorella del legale spezzino, cambia posizione processuale: non più persona informata sui fatti ma indagato per concorso in omicidio volontario aggravato per la morte di Marco Corini. L’avvocato - combattente – mai domo nelle aule di giustizia e nelle scelte per affrontare la malattia - spirò nella villa di Ameglia il 25 settembre scorso, il giorno dell’appuntamento fissato a casa col notaio per puntuallizzare le sue volontà testamentarie, sulla via ambita del matrimonio con la giovane fidanzata Isabò Barrack di 22 anni.

Giannelli, dunque, tradito dall’amicizia e, nello specifico, inguaiato dal midazolam, il principio attivo del farmaco procurato a Marzia per la sedazione-killer, sottratto dalla dotazione del reparto di rianimazione di Pisa, con la conseguenza indotta: l’accusa di peculato.

La ricostruzione investigativa è scandita dai capi imputazione che compaiono nell’invito a presentarsi formalizzato dal pm Luca Monteverde e Giovanni Maddaleni. Gli è stato notificato sabato 2 aprile, il giorno dopo il secondo interrogatorio di Marzia. In quella sede lei si era difesa sostenendo di aver sedato il fratello per lenirgli il dolore, in accordo col medico palliativista, e aveva giustificato l’assist di Giannelli così: «Lo chiamai per l’applicazione del catetere; portò con se delle fiale di gastroprotettore...niente di illegale». Secondo i pm nelle fiale, invece, c’era la sostanza «venefica» erogata in dose massiccia, attorno alle 14,30 del 25 settembre, quando Marco, sotto morfina, era ormai sprofondato nel sonno rivelatosi senza ritorno. Morì alle 19,30 per la crisi respiratoria «indotta», secondo l’accusa.

Abbiamo provato a stabilire un contatto con Giannelli. La risposta: «Preferisco non parlare...». «Parlerà nelle sedi opportune, fornendo tutti i chiarimenti necessari per dimostrare che lui agì nel rispetto della deontologia e del suo ruolo di infermiere professionista, nel solco di una grande e lunga amicizia con Marzia: nessun atto contrario alla legge» puntualizzano gli avvocati difensori Massimiliano Manzo e Stefano Ercoli.