Morte avvocato Corini. "La sedazione non fu clandestina"

Lo ha sostenuto l’avvocato Francini, difensore della sorella di Marco Corini, Marzia, che ha anche messo in discussione la credibilità della testimonianza della Barrack

L'avvocato Corini

L'avvocato Corini

La Spezia, 27 aprile 2021 -  «Non si può certo dire che quella fatta da Marzia al fratello, sia stata una sedazione clandestina". Lo ha sostenuto l’avvocato Anna Francini nel processo in corte di Assise per la morte dell’avvocato Marco Corini, che dura ormai da oltre tre anni. Ieri si è svolta la seconda udienza dedicata all’arringa dell’avvocato Francini, che assieme al professor Tullio Padovani difende la sorella Marzia accusata di omicidio volontario e falso in testamento, per la quale il pubblico ministero Luca Monteverde ha chiesto una condanna a 23 anni. L’avvocato Francini, ieri, ha focalizzato l’attenzione sull’ultimo giorno di vita di Marco Corini, il 25 settembre del 2015. Un’analisi articolata e ricca di riferimenti, che si è protratta per diverse ore, anche nel pomeriggio. Uno degli obiettivi dell’avvocato Francini è stato quello di mettere in discussione la dichiarazioni di Isabò Barrack, la giovane fidanzata di Marco che è uno dei principali testimoni dell’accusa.

"La sera del 24 settembre Marco aveva bisogno di respirare con l’ossigeno – ha detto Francini – eppure la Barrack non lo aveva visto. E ha anche raccontato che l’avvocato si è svegliato alle 8, mentre invece Marco aveva già telefonato a Marzia alle 7, come dimostrano i tabulati, perché non stava bene". Quella stessa mattina, poi, Corini ha avuto bisogno di andare in bagno e "nonostante la dottoressa Torri che si era recata a casa ad Ameglia per l’esame dell’emogas, avesse detto che camminava con le sue gambe, in realtà era sorretto da Marzia e dalla Barrack per fare pochi metri. Da solo non ce l’avrebbe mai fatta".  

Tornando alle fatidiche ore che hanno preceduto la morte, Marzia fino ad allora aveva utilizzato morfina, cortisone ed ossigeno per placare le sofferenze del fratello, che però non funzionano più come era accaduto i giorni prima. "Aveva con sé il midazolam che si era procurata il 26 agosto, quando si era resa conto che Marco stava peggiorando. Ne aveva sottratte tre fiale all’ospedale. Marzia però chiede conforto alla dottoressa Gioia e al dottor Bregnocchi, il palliativista di Marco. Il fratello dal 12 agosto non si curava più per il tumore che lo stava affliggendo. La telefonata alla Gioia dura 262 secondi, quella a Bregnocchi 277 secondi. La condotta di Marzia è stata ordinata, ha chiamato la Gioia per preparare il colloquio con Bregnocchi che era stato a vedere Marco il 17: aveva bisogno di un consulto, non riuscendo a gestire la situazione per la dispnea e un dolore che non passava. Marzia chiede a Bregnocchi se gli sembra strano di essere arrivati a questa situazione e lui risponde di no. Alle ore 11,40 telefona al dottor Moroni, che aveva chiamato anche prima, informandolo della sedazione. Poi alle 11,42 telefona anche alla dottoressa Cupini, che nella sua testimonianza in aula l’ha ricordato. E alla 12,53 scrive il messaggio a Bregnocchi, informandolo che ha iniziato la sedazione e chiedendogli di passare il prima possibile. Lui non le risponde, allora lo chiama al telefono". L’avvocato Francini si è poi soffermata sulla telefonata della Barrack alle 14 a Diana Brusacà. "Una chiamata non per parlare dell’intervento medico – sostiene – ma per risolvere il problema del testamento. Se era per la salute, perché non ha chiamato Moroni? E in un messaggio alla sorella scrive: ’E’ andato tutto a puttane’. Inoltre l’aveva anche chiamata al telefono alle 12,58 per dirle che Marzia aveva iniziato la sedazione. Questo crea un ’balletto’ di versioni, perché poi la Barrack in aula dirà che la sedazione era iniziata alle 15,30". Massimo Benedetti