Caro gasolio, serre a rischio spegnimento. "I costi per fare la semina sono raddoppiati"

Il distretto del biologico prova a resistere. In crisi anche la filiera ittica: c’è il pericolo di non trovare pesce spezzino sulle tavole

Caro gasolio, serre a rischio spegnimento

Caro gasolio, serre a rischio spegnimento

La Spezia, 16 marzo 2022 - C’è l’agricoltore che a causa dell’aumento del gasolio ha ‘spento’ la serra, perché ormai i costi di produzione di frutta e verdura hanno fagocitato anche il più piccolo margine di guadagno; c’è il pescatore che ben presto, per lo stesso motivo, potrebbe fermare il suo peschereccio in attesa di tempi migliori, e c’è anche l’azienda edile che da un momento all’altro potrebbe ‘congelare’ qualche cantiere, perché il prezzo dei materiali è schizzato talmente in alto da compromettere la stabilità economica dell’intervento stesso.

Guerra e crisi energetica si intersecano nelle vicende quotidiane di centinaia di aziende spezzine. Dalla logistica all’agricoltura, dalla pesca all’edilizia, non c’è settore che non debba fare i conti con i rincari che hanno interessato praticamente tutto, dal carburante all’energia passando per le materie prime. A fare i conti con gli aumenti sono anche gli agricoltori. "Per ora i nostri agricoltori pur pagando di più ogni cosa, stanno mantenendo invariati i prezzi.

Reggono il colpo ma sono in perdita: non so quanto resisteranno – spiega Alessandro Ferrante, leader della Cia –. È aumentato tutto: il concime, il carburante, persino i sacchetti per l’imballaggio, il cui costo è raddoppiato. Proprio in questo periodo molti agricoltori sono alle prese con la semina, e i costi per le lavorazioni sono raddoppiati. Chi scaldava le serre per anticipare gli ortaggi primaverili ha smesso, perché non riesce a stare più nei prezzi di mercato. Il gasolio agricolo è passato da 90 centesimi a 1,70 a litro, impossibile tirare avanti così, e credo che le nuove produzioni avranno prezzi più alti". Non è l’unico problema: molti agricoltori che tra il 2019 e il 2020 avevano fatto domanda di accesso ai finanziamenti del Psr, in queste settimane stanno ricevendo dalla Regione l’ok ai lavori: peccato che gli interventi, stimati sulla base dei prezzi applicati prima della pandemia, oggi non siano più attuabili a causa dell’aggravio dei costi.

Anche il biologico non se la passa meglio: in Val di Vara, le aziende del distretto provano a resistere. "Sono problemi che affliggono tutti, anche l’agricoltura biologica ne sta risentendo ma le aziende possono resistere meglio ai rincari, perché ad esempio non necessitano di concimi, che hanno avuto incrementi pazzeschi – spiega Alessandro Triantafyllidis , presidente del biodistretto –. Il gasolio è un problema per tutti, mentre per quanto riguarda l’allevamento, l’impatto determinato dall’aumento dell’alimentazione è minore, grazie alla presenza dei pascoli. Anche la produzione casearia sta soffrendo l’aumento dei prezzi dell’energia". Dalla terra al mare, dove se la situazione non dovesse cambiare il rischio e di non trovare pesce ‘spezzino’ sulle tavole. I pescatori locali, dopo le proteste dei giorni scorsi contro il carburante, sono in difficoltà.

Il quadro dipinto da Enrico Faggioni di Confcooperative, è di quelli a tinte fosche. "È difficile uscire in mare quando la spesa del gasolio consumato supera quanto racimolato dalle vendite". Ma se il settore primario arranca, gli altri non se la passano meglio: tutti al prese con i rincari. "Le aziende di trasporto merci soffreno da settimane – dice Giuliana Vatteroni, referente sindacale di Cna –. Il caro energia coinvolge tutti: carrozzerie, bar, panifici, falegnamerie, aziende della meccanica. Poi ci sono le aziende dell’edilizia e dell’elettronica, alle prese con la mancanza dei materiali. Erano appena usciti dalla crisi. Il rischio è che non ce la facciano".

Matteo Marcello