Caritas, adesso bussano anche le aziende

Tante le piccole imprese travolte dalla crisi che chiedono l’accesso al microcredito

Il direttore dell’Osservatorio Caritas della povertà, Stefano Strata

Il direttore dell’Osservatorio Caritas della povertà, Stefano Strata

La Spezia, 6 gennaio 2019 - Dici Caritas e pensi a chi non riesce a sbarcare il lunario, a pagare la bolletta della luce o l’affitto di casa, oppure a far fronte ad una spesa imprevista. Il microcredito, in fondo, è nato per questo e continua a svolgere ampiamente la sua funzione sociale, come rivelano i numeri forniti dalla stessa Caritas. Lo scenario sta però profondamente cambiando. A bussare alla Diocesi e alle parrocchie non sono solo famiglie, per lo più italiane, magari private improvvisamente dell’unica fonte di sostentamento conseguente alla perdita del posto di lavoro: succede spesso che a lanciare l’sos siano anche piccole aziende travolte dalla crisi che, di fronte all’impossibilità di accedere ai normali canali di finanziamento bancario, cercano la strada della sopravvivenza proprio nel microcredito.

«E’ una realtà nuova che ci ha trovato purtroppo impreparati – conferma Stefano Strata, direttore dell’Osservatorio della povertà e del microcredito Caritas- . Diciamo che si tratta di una fascia di disagio economico con cui dobbiamo confrontarci, cercando di dare risposte con gli strumenti che abbiamo». Ma quali sono le aziende che si rivolgono alla Caritas? «Per lo più piccoli commercianti, titolari di aziende a conduzione familiare. Di fronte alla prospettiva della chiusura vengono da noi, magari su segnalazione delle associazioni di categoria con le quali siamo in contatto». E voi come vi regolate? «Facciano una prima valutazione della situazione attraverso i consulenti commerciali volontari che collaborano con noi per capire se la situazione di crisi possa essere superata con soluzioni ponte. A quel punto, se ci sono i presupposti, proponiamo alla banca la nostra garanzia. Un tempo riuscivamo a farlo con tutti gli istituti bancari, poi è rimasta, la sola Banca Intesa San Paolo, con l’intervento della Cei, che peraltro ha da poco sospeso anch’essa questo tipo di intervento. Finché è stato possibile abbiamo risolto vari casi. Come quello di una piccola azienda che aveva avuto un accertamento tributario trovandosi di fronte ad un’emergenza improvvisa. Grazie allo strumento del microcredito siamo riusciti ad evitare la chiusura».

Piccole aziende a parte, quali sono i casi di bisogno più diffusi? «Oltre a chi ha perso il lavoro o non ha i soldi per pagare la bolletta, una situazione ricorrente è quella del sovra-indebitamento. Gente che ha accumulato piccoli prestiti per le spese più svariate e non riesce più a venirne fuori. A quel punto cerchiamo di dare loro una mano affidando la gestione della situazione ai nostri consulenti. Purtroppo in molti casi le famiglie non gestiscono in modo adeguato le loro risorse, fanno il passo più lungo della gamba e si mettono nei guai. Diciamo che in qualche caso l’errore è la convinzione di poter vivere al di sopra delle proprie possibilità. Oggi non è più possibile, il tempo delle vacche grasse è finito e serve molta oculatezza nella gestione delle proprie risorse».