L’avvocato Corini non fu ucciso. La sorella assolta dopo un calvario

Colpo di spugna in appello alla sentenza spezzina. La Corte sposa la difesa del medico rianimatore "Una condotta terapeutica unicamente finalizzata ad evitare al fratello sofferenze indicibili"

Marzia Corini con l’avvocato Vittorio Manes (a sinistra) e l’avvocato Giacomo Frazzitta

Marzia Corini con l’avvocato Vittorio Manes (a sinistra) e l’avvocato Giacomo Frazzitta

La Spezia, 6 maggio 2022 - «È stata fatta giustizia, ricostruendo la condotta di Marzia Corini per quel che è stato: solo una condotta terapeutica unicamente finalizzata ad evitare - attraverso la sedazione palliativa - sofferenze gravosissime al fratello, nella fase terminale della patologia tumorale irreversibile. Nulla a che vedere con eutanasia o assistenza al suicidio e men che meno con l’omicidio" così l’avvocato difensore, il professor Vittorio Manes argomenta la portata della sentenza, pronunciata ieri sera dalla Corte di Assise e d’Appello di Genova che ha assolto Marzia dall’accusa choc di omicidio volontario, reato per il quale in primo grado, alla Spezia, era stata condannata a 15 anni di reclusione, con indotta interdizione dai pubblici uffici e interdizione legale e conferma del sequestro di un milione di euro (l’importo dell’assegnazione testamentaria). Il colpo di spugna riguarda anche le pene accessorie, fino a cancellare la misura cautelare del divieto di espatrio. Marzia, se vuole, può tornare a curare i feriti nei teatri di guerra, dove si era distinta, nei ranghi di Medici senza frontiere. Lei, ieri, non ha voluto rispondere alla chiamata telefonica finalizzata a raccogliere una sua dichiarazione. Ci pensano i legali ad argomentare. "Da parte nostra, c’è grande soddisfazione ed emozione, come sempre quando diritto e giustizia vengono a coincidere, e tanto più in una vicenda dal profondo significato umano come questa" dice l’avvocato Manes. Dell’analisi giuridica ed emozionale del limbo tra la vita e la morte nel quale sprofondano i malati terminali Manes è un esperto. Ha difeso Marco Cappato nel processo nato dal ’suicidio assistito’ di Fabiano Antoniani, detto Fabo.

Ma nel caso di Marco Corini, la pietà che ha mosso la sorella al suo capezzale non aveva motivo di essere penalmente sanzionata: non fu omicidio, ma un’assistenza sanitaria. La morte di Corini, la mattina del 25 settembre del 2015, era imminente e così è stato. A questa convinzione, seguendo la logica del dispositivo, sono giunti i giudici, togati e popolari. della Corte d’Assise e d’Appello di Genova. Tra i giudici popolari c’è chi ha pianto alla lettura della sentenza. "Al momento della lettura del dispositivo si percepiva una forte emozione fra tutti, giudici e parti presenti. Una emozione che si ha, quando si percepisce quella alchimia che consente di affermare che vi è coincidenza tra verità storica e verità processuale. Con il professor Tullio Padovani e con l’avvocato Anna Francini, sia io che il professor Vittorio Manes, abbiamo trovato una immediata sintonia che ha consentito di ridare la vita, che le era stata tolta, ad una persona che ha dedicato la sua esistenza agli altri, questa persona è la dottoressa Marzia Corini".

Corrado Ricci