Non una speranza, ma qualcosa da concretizzare al più presto: recuperare gli spazi (molti dei quali abbandonati) della Marina militare. In tantissimi alla Spezia lo vogliono e... lo vogliamo, dopo che, comunque, negli ultimi 70 anni, si sono persi 10mila posti di lavoro nell’Arsenale militare e nulla più giustifica l’occupazione di diverse aree della città. "Immaginate di tornare indietro nel tempo, 150 anni fa – spiega William Domenichini – e ripercorrere le strade che circondavano uno dei luoghi più incantevoli del Bel paese: il Golfo dei poeti. Oggi quella meraviglia è circondata da una quantità impressionante di muri, fili spinati e un cartello: ‘Zona militare’. Un’odissea, quella dell’Arsenale, in cui si è perso il 95% di lavoratori, mantenendo la stessa area occupata, stravolgendo l’assetto territoriale. Domenichini ha scritto un libro – con prefazione di Antonio Mazzeo – in formato ebook (acquistabile sul sito della casa editrice, GlassBell), che sarà presentato a Marola: ‘Il golfo ai poeti – No Basi Blu’, con aggiunto nella copertina: Storia di una città di mare senza mare, prospettive di territorio militarizzato, appunti per un’alternativa possibile. "Alla Spezia esistono realtà che non si arrendono a scelte sbagliate – prosegue l’autore – . Uno sguardo intorno a noi, incontrando i collettivi artivistici, i movimenti per alimentare un fronte comune, per un lavoro che parte dalla narrazione di una storia che nessuno vuol raccontare e vuole essere uno strumento di autofinanziamento del materiale di informazione. Il tentativo di aprire un dibattito che possa scuotere le nostre comunità e porre la classe politica di fronte alle proprie responsabilità". E le Basi blu? "Cosa verrà realizzato con 354 milioni di euro, soldi dei cittadini contribuenti? Dalla giustificazione strategico-politica delle spese militari, avallate da governi di centrodestra, pentastellati o democratici – conclude Domenichini – , l’analisi del progetto di ammodernamento della base, dipinta di blu: i veleni che giacciono in fondo al mare, la follia di riattivare serbatoi interrati sotto le case della gente, la prospettiva di negare spazi inutilizzati alla comunità. Come far accettare questa insensatezza? Con una pennellata green ad un progetto che non ha pressoché nulla di sostenibile, che ipocritamente parla sostenibilità ma che nei fatti non la applica, nascondendo i responsabili che l’hanno finanziata a colpi di voti parlamentari. E poi c’è la menzogna dell’occupazione e del lavoro che, l’adeguamento agli standard Nato di un’infrastruttura portuale militare, non creerà". Marco Magi