L’immobilismo sotto le macerie degli scandali

Ci riempiamo la bocca con parole roboanti tipo “Cantiere Italia“, con faraonici piani di investimento per sbloccare il Belpaese, mettiamo una dopo l’altra le priorità per le infrastrutture. Ogni...

Luigi Caroppo

Luigi Caroppo

Firenze, 29 novembre 2020 - Ci riempiamo la bocca con parole roboanti tipo "Cantiere Italia", con faraonici piani di investimento per sbloccare il Belpaese, mettiamo una dopo l’altra le priorità per le infrastrutture. Ogni volta che ci sono le elezioni sentiamo parlare di lavori pubblici da far ripartire come manna dal cielo. Finita la caccia al voto, tutto torna come prima. Regna l’immobilismo in questa Italia che rimane purtroppo uguale a se stessa.

La Toscana, Umbria e Liguria ne sono testimoni e vittime. Il Centro Italia non è più locomotiva del pil. Siamo ancora prigionieri delle macerie, pensiamoci. A Norcia fanno ancora i conti con il terremoto a quattro anni dalle terribili scosse. E con le promesse che si sono succedute con i diversi governi. Le macerie sono il simbolo anche dell’inefficienza mastodontica che si sta manifestando tra Toscana e Liguria. Il ponte di Albiano Magra è uno scandalo vero e proprio. Doppio. Perché è crollato l’8 aprile scorso (e dobbiamo ringraziare il lockdown se non ci sono state vittime). E perché le macerie sono lì, intatte.

Ma cosa si è fatto da aprile ad oggi? I procedimenti giudiziari hanno richiesto che non si toccasse niente, che la scena del crimine restasse intatta. Intanto l’elefantiaca macchina minesteriale, in un abbraccio mortale con i tempi della burocrazia, ha portato a casa un bel niente. Due commissari (prima l’ex presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, adesso un dirigente Anas), incontri, confronti. Il sindaco di Albiano resta col cerino in mano. La gente è indignata. Certezze poche. L’altro giorno ha alzato la voce anche Confindustria. Il ponte nuovo? "Ad oggi risulta che sia in via di approvazione il progetto del ponte definitivo, che non sarà consegnato prima di circa due anni. Viviamo in uno Stato che resta immobile, ingessato dalla burocrazia, mentre il paese reale muore".

Ultima nota da un Paese avvitato su se stesso: chiediamo soldi, quando ci sono non li spendiamo. È il caso di quelli a disposizione per evitare una seconda alluvione dell’Arno: metà dei soldi, circa 150 milioni di euro, per combattere il dissesto idrogeologico, sono fermi. Complimenti.