Contrae l’epatite C da sangue infetto. Seimila euro di indennizzo

L’odissea trentennale di una maremmana dopo l’incidente in Francia

OLTRALPE La maremmana ha contratto l’epatite C dopo una trasfusione praticatale all’ospedale di Marsiglia

OLTRALPE La maremmana ha contratto l’epatite C dopo una trasfusione praticatale all’ospedale di Marsiglia

Grosseto 6 febbraio 2016 - Trent'anni di battaglie per vedersi riconosciuto un diritto che appare inequivocabile: il risarcimento per avere contratto l’epatite C a seguito di una trasfusione di sangue infetto. Così una maremmana di 52 anni ha trascorso la maggior parte della sua vita. Ottenendo alla fine «briciole» che aggiungono soltanto rabbia al dolore e allo stato di depressione che l’accompagna da quel settembre del 1986. Lo Francia, ventinove anni dopo averle rovinato la vita le ha offerto 6.824 euro quale indennizzo per l’errore commesso nell’ospedale di Marsiglia. La Regione Toscana ha archiviato la pratica perché non ritenuta pertinente, «in quanto il danno era stato causato da un ospedale francese». Non trovando accoglimento neanche al tribunale di Grosseto. Non perché non le sia stato riconosciuto il danno subito, ma perché ci si è rivolta troppo tardi rispetto ai tempi burocratici della giustizia. Già.

Ma andiamo per ordine. Nel 1986, il 29 settembre, la maremmana allora ventiduenne resta gravemente ferita in un incidente stradale capitatole vicino Le Luc, in Francia. «Fui sbalzata fuori dall’auto – ricorda – e caddi pesantemente sull’asfalto, sopra il guard-rail e poi rotolai lungo una scarpata». Fui soccorsa e trasportata in ospedale a Marsiglia e qui sottoposta ad alcuni interventi chirurgici e a numerose trasfusioni: le furono somministrate 25 sacche di sangue. Qualcuna o anche solo una era infetta, tanto che la cinquantaduenne ha contratto l’epatite C. Da allora è iniziato il calvario, che lei ha scoperto quattro anni dopo, nel 1990 quando si sottopose a un prelievo per diventare donatrice Avis: impossibile. E’ iniziata così la lunga battaglia per farsi una ragione di avere contratto una malattia da cui non si torna indietro, invalidante e che preclude alcune strade, qualche volta anche solo per ignoranza di chi ti sta intorno. «Mi trovai improvvisamente davanti a una realtà sconosciuta – spiega – provavo paura, vergogna, l’ignoranza e i pregiudizi mi ponevano davanti domande: cosa fare? A chi rivolgersi? Che problemi determinava questo virus?».

Fu proprio in quegli anni, poi, che emersero gli scandali del sangue infetto. Gli anni di Tangentopoli. Poi la decisione di chiedere il conto di quanto subito, pur non sapendo bene come muoversi, perché di fronte aveva uno Stato straniero contro cui combattere e quello italiano poco propenso a sostenerla. Nel 2003 la Regione Toscana alla sua richiesta di indennizzo per avere contratto l’epatite «C» ha risposto che «il danno era stato causato in un ospedale francese e quindi essendone responsabili ne dovevano rispondere loro». «Considerato che all’epoca per i paziente italiani curati all’estero c’era la copertura delle spese da parte della Regione – sottolinea la cinquantaduenne – pensavo che la Regione fosse interessata a rivalersi sullo Stato francese che aveva causato il danno». Invece no. Pratica archiviata e la donna lasciata sola a combattere la sua battaglia, insieme soltanto all’eptatite e a una grave forma di depressione. A ottobre del 2010 improvvisamente la Francia si sveglia e a seguito dell’istituzione di un fondo di indennizzo Oniam, ideato per risarcire danni simili. «Decido di fare domanda nel 2013 – conclude – e a ottobre scorso mi riconoscono 6.800 euro. Mentre leggevo non credevo ai miei occhi. Non sapevo se ridere o piangere. Se pensare a un errore: trent’anni di malattia e una vita persa con tutte le conseguenze del caso e le risorse impegnate tra tribunali e cure. «Mi chiedo perchè nel 2003 la Regione archiviò il caso, se era un mio diritto come riconosciuto dal tribunale di Grosseto, cui però mi sono rivolta troppo tardi?». Chi vuole risponderle? Ci trinceriamo ancora e solo dietro la bestiale burocrazia a compartimenti stagni?