"La mia Pasqua passata a fare vaccini"

Il racconto di Franco Simoni, medico ora in pensione, che è tra i professionisti che partecipano volontariamente alla "campagna"

Franco Simoni

Franco Simoni

Grosseto, 6 aprile 2021 - Trascorrere la giornata di Pasqua non a tavola con la propria famiglia (del resto una delle poche cose concesse in questo periodo di zona rossa), ma trascorrerla a vaccinare. E’ questa la scelta che ha fatto Franco Simoni, già responsabile per la Asl della Medicina dello sport, e ora in pensione, che ha deciso di trascorrere una domenica di Pasqua davvero insolita. Franco Simoni è infatti uno dei medici della nostra provincia che hanno deciso di mettere, volontariamente, la sua professione al servizio della campagna di vaccinazione.

"Innanzitutto vorrei dire che quella di domenica è stata un’esperienza importante soprattutto per il sottoscritto. Eravamo tre medici e in un pomeriggio abbiamo vaccinato 248 persone. E’ stato bello – mi creda –. Faticoso, quello sì, ma è stata una bella Pasqua di resurrezione. La cosa più pesante è stata quella di dover stare con il tonacone, come lo chiamo io, e la mascherina per ore. Mentre la cosa più bella è stata quella di vedere gente che per vaccinarsi non ha avuto difficoltà a venire da Firenze, da Castelfiorentino, da Donoratico, da Arezzo. E poi lasciatemi ricordare e ringraziare gli altri sette colleghi che partecipano attivamente, e anche loro volontariamente, a questa campagna di vaccinazione. Si tratta di Maria Di Cunto, Paolo Barbafiera, Donatella Della Monica, Giorgio Invernizzi, Stefano Iozzi, Valter Ricceri, Teresa Vetrugno, Maria Piera Riccardi e Paola Pasqualini".

Ma perché ha deciso di passare la Pasqua così? "Perché una volta data la disponibilità tu devi essere pronto a partire quando c’è bisogno, ed evidentemente domenica ce n’era bisogno. Io credo che come uomo e come medico sia il minimo mettersi a disposizione della collettività di fronte a una pandemia simile. E poi è anche la mia formazione che mi spinge a fare qualcosa quando c’è bisogno. Da giovane ho frequentato l’Azione cattolica, poi negli anni dell’università ho frequentato la Casa della Gioventù di Pino Arpioni, dove, quasi quotidianamente, incontravamo Giorgio La Pira. Ecco quegli anni, quegli incontri hanno infuso in me quello spirito di solidarietà, che si deve avere nei confronti di chi ha bisogno, di chi soffre". Che giornata è stata quella di domenica? "Faticosa, anche perché non tutte le persone vogliono o sono in grado di dirti tutte le loro patologie quindi senti addosso tutta la responsabilità di vaccinare o meno. In un caso ho preferito rimandare una persona a un altro vaccino, perché, a mio avviso, quello che somministravamo poteva creargli delle complicazioni. Giornata faticosa, ma gratificante". Lei tutto questo lo fa volontariamente? "Si, non abbiamo neppure un eventuale rimborso spese per la benzina. Sono andato tre volte a Castel del Piano a mie spese, ma è giusto così ci siamo offerti noi di farlo, non ce l’ha chiesto nessuno. E poi credo che nella vita ci sia anche un momento dove si debba dare incondizionatamente". Il vostro è anche uno stimolo a vaccinarsi. "Credo che vaccinarsi sia un diritto ma anche un dovere sociale verso se stessi e verso gli altri. La salute non è solo un bene personale, ma è un bene di tutti. Quando uno si ammala è di fatto un peso da un punto di vista affettivo, ma anche delle strutture ed economico, perché il costo delle sue cure cade su tutta la collettività. Per questo è meglio prevenire andandosi a fare il vaccino".