"Infermieri, è un taglio che non ci piace"

Grido d’allarme del sindacato: a settembre due terzi degli interinali rimarranno a casa

Infermieri al lavoro (foto generica - Germogli)

Infermieri al lavoro (foto generica - Germogli)

Grosseto, 15 agosto 2019 - «La carenza infermieristica, da anni endemica, ha oggi risvolti che ci preoccupano molto». Inizia così la nota di Nicola Draoli, presidente degli ordini degli infermieri di Grosseto dopo la notizia del taglio non negoziabile di due terzi di infermieri interinali a partire dal primo di settembre in pieno periodo di ferie programmate.

«L’importante studio anche nazionale Rn4cast ci dice che ogni volta che il rapporto pazienti-infermiere è inferiore o uguale a 6:1 la mortalità diminuisce del 20% nelle medicine e del 17% nelle chirurgie – prosegue Draoli – Inoltre, la riduzione della mortalità è pari al 30% quando almeno il 60% del personale assistenziale possiede una formazione specifica infermieristica. Rispetto alle analisi sulle cure mancate, i dati italiani dimostrano che la percentuale media di cure mancate è pari al 41%. In questo momento nelle aree mediche del Misericordia, uno dei servizi più in sofferenza insieme al pronto soccorso, ad esempio, rischiamo di spostarci su un rapporto di 1:12. Mentre l’età media degli infermieri in servizio nella nostra Asl ha superato i 52 anni e quasi il 30% ha problematiche fisiche di varia natura, ci sono sostituzioni ampiamente programmabili come i pensionamenti ferme da un anno».

Secondo Draoli c’è un clima di «frustrazione e demotivazione che si respira dappertutto. I modelli professionalizzanti a cui questo Ordine plaude e di cui hanno bisogno i cittadini sono o inattuati o rimasti scritti nella carta e in poche sperimentazioni, o applicati con modalità improvvisate e che, inevitabilmente, si arenano a causa della carenza di personale.

Percorsi come il see and treat o il fast track in pronto soccorso o l’infermiere di famiglia e comunità sono quindi deliberati, voluti, ma inespressi. Inespressi perché i rapporti con gli assistiti impediscono ogni sviluppo. Nessun attività viene rimodulata: si pretende che tutti si muova a ritmo non solo costante, ma in crescita, senza però adeguare gli organici».

Pensiamo solo alla sanità di iniziativa ferma sul Grossetano da anni proprio a causa della mancanza di infermieri. In questo meccanismo gli infermieri si trovano da una parte richieste di sviluppare attività importantissime, che vorrebbero portare avanti, che non riescono però a seguire dovendo invece, al contrario, garantire lo standard minimo di sicurezza in termini di assistenza».

Gli infermieri sono «la spina dorsale del sistema sanitario e hanno uno spiccato senso valoriale, per questo il dovere professionale fa sì che ci si concentri sul nostro mandato cercando di sopperire ogni giorno alle carenze e non ascoltare la fatiche e le difficoltà – chiude Draoli –. Ma così si alimenta solo il rischio di stress e di burn out che sempre gli ultimi studi nazionali ci dicono attestarsi al 39% degli operatori. Non chiediamo altro se non esseri messi nelle condizioni di poter esprimere le competenze adeguate. La formazione e la specializzazione infermieristica può dare risposte veloci, sicure e appropriate. Ha però bisogno di un sostegno aziendale e anche politico che spesso manca. Non bastano solo delibere, bisogna dar loro gambe e fondi per sostenerle».