Picchia il padre: assolto "Incapace di intendere e volere"

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Minacce, ingiurie e anche calci e pugni. A scatenare le reazioni violente di un 33enne residente in Maremma erano stati episodi banali come una cena preparata dal padre che lui, però, non aveva apprezzato e di tutta risposta aveva scagliato piatto e posate per terra. A farne le spese il padre convivente che durante una delle varie aggressioni era stato colpito alla mano da un calcio sferrato dal figlio, riportando fratture guaribili in 30 giorni. Un copione già visto. Il ragazzo aveva tenuto gli stessi comportamenti nei confronti della madre con la quale aveva vissuto in un’altra regione prima di decidere di trasferirsi a casa del padre, dove poco dopo il suo arrivo iniziano i maltrattamenti. È lo stesso genitore a denunciare il figlio che viene rinviato a giudizio per i reati di maltrattamenti in famiglia e lesione personali aggravate. Ma per il pm Giovanni De Marco il giovane non è imputabile perché incapace di intendere e di volere al momento dei fatti, accaduti nell’estate 2019. Il suo difensore chiede il rito abbreviato condizionato alla produzione di una perizia per valutarne capacità ed eventuale pericolosità sociale. Dalla perizia eseguita dal dottor Romano Fabbrizzi emerge che il giovane è incapace di intendere per alcuni disturbi mentali e che ha bisogno di cure in strutture specializzate. Da qui la sentenza del giudice Marco Mezzaluna (nella foto) che assolve il giovane in quanto non imputabile e lo sottopone ad un anno di libertà vigilata in una struttura terapeutica dove dovrà rispettare una serie di misure.

Ha, invece, patteggiato due anni di reclusione un uomo di 46 anni per maltrattamenti e lesioni nei confronti della moglie e di una delle figlie. Comportamenti violenti peggiorati dall’assunzione di alcolici e fatti di vessazioni e insulti nei confronti della moglie e messi in atto davanti alle figlie minorenni. Schiaffi e pugni che avevano provocato alla donna, oltre alle sofferenze psicologiche, la frattura di alcune costole e la distorsione del rachide cervicale. A farne le spese era stata anche la figlia 13enne che aveva tentato di difendere la madre dall’ennesima aggressione. L’uomo l’aveva presa a schiaffi e sbattuta contro il muro provocando anche a lei la distorsione del rachide cervicale. La moglie lo denuncia. Davanti al giudice Marco Mezzaluna l’uomo, difeso dall’avvocato Giovanni Di Meglio, ha chiesto di patteggiare due anni di reclusione. Il giudice ha concesso la sospensione condizionale della pena ma per ottenerla dovrà prima sottoporsi ad un percorso di recupero. L’uomo dovrà, inoltre, versare 10800 euro alla moglie costituitasi parte civile.