Ex Mabro, blitz delle operaie nelle sede di Confindustria. "Dateci il Tfr"

Manca la documentazione da spedire all’Inps. Le lavoratrici incontrano il curatore che promette il via alle pratiche

Le dipendenti della ex Mabro (foto Aprili)

Le dipendenti della ex Mabro (foto Aprili)

Grosseto, 16 maggio 2018 - Una data, almeno, adesso c’è. Che, ripercorrendo tutta la vicenda della ex Mabro, non è che sia garanzia assoluta per le quasi 200 operaie rimaste senza lavoro, considerando che di date ne sono trascorse molte. L’assemblea autoconvocata di ieri pomeriggio in via Monterosa alla sede di Assindustria, di quello che resta delle «Vestaglie azzurre», almeno ha portato ad un primo passo verso l’ultimo scoglio da superare.

Ovvero la riscossione del Tfr, il famigerato Trattamento di fine rapporto, che ancora nessuno dei lavoratori della storica azienda tessile di via Senese, ha ancora riscosso. Entro la fine del mese (si dice lunedì prossimo), le pratiche e la documentazione per il Tfr saranno trasmesse all’Inps. È quanto il curatore fallimentare di Abbigliamento Grosseto, Francesco Carri, ha assicurato alle operaie al termine dell’incontro avvenuto ieri pomeriggio. Dopo due anni di mobilità, infatti – l’ultimo ammortizzatore sociale di cui hanno usufruito le oltre 200 operaie e che terminerà tra qualche settimana – stanno ancora aspettando la documentazione per la liquidazione delle spettanze. Ma c’è un problema: l’ennesimo di una storia difficile. Dopo il 2007 infatti, con il cambio della normativa, l’azienda ha deciso di versare i soldi nel fondo di tesoreria. Ma nessuno conosce quanto e soprattutto se quanto sia stato versato.

Nulla di grave: ci sarebbe il fondo di garanzia dell’Inps, ma senza la documentazione che deve produrre Confindustria, tutto rimane bloccato e l’eventuale fondo di garanzia non può essere attivato. «Serve un’ulteriore autocertificazione che abbiamo già prodotto – inizia Francesca Ferrari, rsu della Cgil –. Carri ci ha promesso che inizierà l’invio telematico dalla prossima settimana. Speriamo che in una settimana venga finita questa operazione. Ragionevolmente credo che a giugno qualcosa dovranno farci sapere. Magari quando ci daranno i nostri soldi». Saltato infatti l’incontro con il presidente dell’associazione industriale Antonio Capone, come le Vestaglie Azzurre volevano, almeno è sttao dato un punto ad una situazione che iniziava a farsi preoccupante. «Dopo due anni dal fallimento ancora non abbiamo avuto risposte né sappiamo che fine ha fatto il nostro Tfr – prosegue Francesca Ferrari -. Quello che mi viene da pensare è che non sia stato accantonato». Lo stesso dubbio (e forse qualcosa di più) che assale anche le altre. Tutte visibilmente preoccupate. «Ho paura. Sono già da cinque anni in pensione e ancora non ho visto nulla – dice Catia Bardi -. Ci hanno anche detto che queste cose vanno anche in prescrizione. Ma questi sono soldi nostri che ci spettano di diritto. Le colpe? Non mi interessano. Gli unici penalizzati siamo noi dipendenti, penalizzati già parecchio. In un contesto come questo rischiamo davvero di finire a piedi».

Vuole chiarezza anche Antonella Rosadini: «Non vogliamo nulla, tanto abbiamo perso tutto: solo quello che ci spetta. Ho lavorato 41 anni alla Mabro e ancora non ho ricevuto il mio Tfr. E’ una cosa vergognosa». Quarantadue anni di servizio ce li ha anche Mirella Dini. Anche lei in attesa di ricevere il frutto del suo duro lavoro per quasi mezzo secolo. «Quando scegliemmo tra l’azienda e l’inps per il nostro fondo pensione tutte decidemmo di dare fiducia allo Stato. Che però per il momento ci ha abbandonato». Chiedono aiuto anche Roberta Pinotti, 18 anni alla Mabro. «Sbloccare questa situazione è il minimo che si possa chiedere, dopo tutto quello che ci hanno fatto e che abbiamo dovuto subire. Soldi che mi serviranno da investimento, per trovare un lavoro perché ancora sono giovane». Chiude con lo stesso concetto, Tiziana Lucioli, 20 anni di Mabro alle spalle: «La cosa che più fa male è il non riceve alcuna risposta alle nostre sollecitazioni. Cosa farei con quei soldi? Per pagare quei contributi che mi mancano per andare in pensione».