Missione di pace e di umanità I Cavalieri nel cuore della gente

Il personale del "Savoia" a stretto contatto con la popolazione civile. Continue manifestazioni di affetto

Missione di pace e di umanità  I Cavalieri nel cuore della gente

Missione di pace e di umanità I Cavalieri nel cuore della gente

di Luca Mantiglioni

AL MANSOURI (Libano)

Non occorrono tante parole per capire quale sia il rapporto fra i militari italiani e la popolazione civile libanese. Le parole non servono perché è sufficiente passeggiare insieme a loro in mezzo alla gente e osservare cosa accade, ad esempio, mentre passiamo nelle strette stradine che incastonano il mercato di Tyro. Un via vai di persone in mezzo ad una cornice di bancarelle e negozietti pieni di colori o intrisi di profumi di spezie.

"Grazie, grazie di cuore che ci siete – dice una donna che si avvicina alle divise dopo aver riconosciuto il tricolore sulla manica sinistra –. Io sono la direttrice di una scuola di Tyro e so cosa avete fatto e cosa continuate a fare per noi, per le nostre scuole e per i nostri bambini. Siete sempre generosi, ci siete vicini. Grazie di cuore".

Si chiama Leonte XXXIII la missione iniziata a gennaio quella sotto la guida della Brigata Folgore comandata dal generale Roberto Vergori (che guida l’intero Sector West dove sono impegnati contingenti di 17 diversi Paesi) cui prendono parte anche i militari del Savoia Cavalleria e i binomi del Cemivet, nella fascia compresa tra il fiume Litani e il confine con Israele. Uno spicchio di terra la cui estensione (è grande quanto un quinto della provincia di Palermo) è inversamente proporzionale alla delicatezza che riveste invece per l’equilibrio dell’intero Medio Oriente. E’qui che passa la Blue Line, è qui – a Naquora, per la precisione – che si riunisce il tripartito per decidere quale traettoria debba prendere quella che deve diventare la linea di confine fra Libano ed Israele (in terra e in mare) ed è sempre qui che possono nascere, crescere e ingigantirsi i contrasti militari e politici fra i due Stati. Difficile, probabilmente impossibile, che il buon esito dell’impegno militare possa non dipendere anche dalla costruzione di un ottimo rapporto con i civili, dunque.

Il Savoia Cavalleria è qui con due Squadroni sotto la guida del tenente colonnello Antonio Marti, circa 200 militari divisi fra le basi di Al Mansouri, dove c’è il grosso del gruppo, Shama e una base avanzata che si stacca di pochi, pochissimi metri dal confine israeliano.

"Dopo cinque anni dall’ultima volta siamo di nuovo qui – dice il capitano Carlo Scaglia, comandante del 3° Squadrone Leone –. Alcuni di noi tornano in questa missione con ruoli più importanti rispetto a quelli rivestiti nelle precedenti esperienze, ma l’impegno è immutato. Il nostro compito principale è il monitoraggio lungo la Blue Line, area estremamente delicata, ma abbiamo anche attività di market walk a piedi nei villaggi e quindi interagiamo molto con la popolazione. La nostra, insomma, è una presenza che sempre più si integra con il tessuto sociale".

"Siamo l’unico Reggimento di Cavalieri paracadusti esistente in Italia e uno dei pochi in Europa ed è un vanto contribuire alla sicurezza internazionale grazie alla professionalità del nostro personale – dice il capitano Giuseppe Rizzo –, ma in questo periodo siamo impegnati anche in attività nel territorio nazionale, come ’Strade Sicure’. Qui in Libano l’impegno è variegato e comprende anche il supporto alla popolazione".

"Bisogna essere in grado di rapportarsi con molta cura con le persone – dice Gianluca Sordini, graduato scelto –, creare un rapporto empatico e di fiducia. Il lato umano è fondamentale e noi siamo felici quando vediamo che di noi le persone si fidano molto".

"Io sono alla mia prima missione all’estero – dice Davide Di Natale, 22 anni –. Vedo e capisco cose molto particolari e dal personale più anziano ho indicazioni importanti. Sono fiero e convinto della scelta di vita che ho fatto".