Memorie di Albino, cavallo eroe in Russia

"Steppa bianca", il libro di Michele Taddei, racconta la storia del protagonista della carica di Isbuscenskij con i militari del Savoia

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Ha un posto d’onore nel museo della sede del Reggimento Savoia a Grosseto, una voce tutta sua su Wikipedia, è stato protagonista di film e fumetti, ora è anche la voce narrante di un libro che mischia l’espediente narrativo delle memorie di un cavallo con solide basi storiche e bibliografiche.

’Steppa bianca. Memorie di Albino cavallo da guerra’ (edizioni Cantagalli) è l’ultima fatica del giornalista Michele Taddei, che a questo progetto ha dedicato lunghe ricerche e una passione sconfinata. Al centro, appunto, il cavallo Albino che partecipò alla carica di Isbuscenskij nella campagna di Russia il 24 agosto 1942, entrata in un mito che poggia le fondamenta nel sacrificio di uomini e animali, accomunati dal tragico destino di un’avventura bellica portata in un territorio ostile come non mai. Territorio dove il cavallo, dato per disperso, fu invece poi ritrovato.

Quella ’Steppa bianca’ del titolo che per molti fu l’ultima tappa terrena e che diventa il paradigma del dramma della guerra, a ogni latitudine. "Con il tempo ho imparato che in guerra paga sempre la povera gente e con essa anche noi animali. A nessuno di noi fu concesso di scegliere la propria strada. Tuttavia ognuno di noi fece il proprio dovere, sapendo di appartenere alla secolare tradizione della cavalleria, di tutte le armi la più nobile". Così Albino si rivolge a Mariolino, l’asino che gli fu affiancato negli ultimi anni di vita per fare compagnia a lui, eroe di guerra acciaccato ma degno di ogni attenzione da parte degli uomini del Savoia.

Perché, è bene sottolinearlo, la storia di Albino è ampiamente documentata e fu raccontata con dovizia di particolari nel dopoguerra, da cronache di stampa e non solo. Su quella documentazione si articolano le vicende narrate con delicatezza da Taddei, che ha compiuto la felice scelta stilistica di far raccontare al cavallo da una parte il dramma della guerra, dall’altra l’umanità di chi visse quella vicenda terribile. Folgoranti, in questo senso, le pagine che ricostruiscono i giorni in cui quella carica, passata alla storia come l’ultima di un reparto dell’Esercito italiano, venne riprodotta a favore di telecamere per motivi di propaganda.

"Mi ritrovo ancora nella steppa infinita a caricare a vuoto contro le macchine da presa, mentre ho voglia di tornare a casa e dimenticare questa guerra che non è più la mia, ammesso che lo sia mai stata". Lo dice Albino, con ogni probabilità lo avrebbe potuto dire qualsiasi soldato costretto a cercare di riprodurre sotto forma di finzione una tragedia immane.

Taddei conobbe le gesta di Albino a Grosseto, nel periodo del servizio militare alla caserma Beraudo di Pralormo. "Albino è per noi un vero compagno d’armi", lo definisce nella prefazione il colonnello Domenico Leotta, 105° comandante del Savoia Cavalleria. E attraverso quel ’compagno d’armi’, Taddei fissa le gesta del Reggimento Cavalleria Savoia, apre una finestra sul corpo di spedizione in Russia e racconta anche qualcos’altro, la capacità di stringersi (uomini e cavalli in questo caso) per provare a superare difficoltà immani. Con una speranza, come dice Albino nella sua ultima lettera a Mariolino, al tramonto della sua vita: "Che Dio non mandi più nessuna guerra".