Medaglia d’onore a Granitto Esempio per le nuove generazioni

L’onorificenza è stata consegnata ai familiari del militare internato, che fu deportato in Germania e sottoposto ai lavori forzati. La nipote Ylenia : "Ci ha insegnato che l’indifferenza è una colpa"

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Nella Sala degli Specchi della Prefettura, ieri mattina, in occasione del "Giorno della Memoria" è stata consegnata la Medaglia d’onore ai familiari di Alfredo Granitto, militare internato. Granitto, nato a Campobasso nel 1923 e morto il 16 gennaio 2012, ha trascorso gli ultimi anni della sua vita all’Argentario, per questo era molto conosciuto anche in Maremma. Il 25 novembre del ’41 fu arruolato nel regio esercito e partecipò ad un’operazione di guerra nel mare Egeo. Il 12 settembre del ’43 fu fatto prigioniero a Rodi e poi deportato in Germania, dove fu sottoposto anche ai lavori forzati. L’8 maggio del 1945 il suo campo di prigionia fu liberato dagli inglesi e il 22 agosto rientrò in Italia. La cerimonia è stata introdotta da Piero Scarpino. Non sono mancati gli interventi, tra cui, ovviamente, quello del prefetto Paola Berardino, e del comandante del 4° Stormo, Filippo Monti, che ha ribadito l’impegno di tutte le forze amate quali difensori dell’umanità in ogni situazione. Decise anche le parole del sindaco di Monte Argentario Francesco Borghini che si è detto orgoglioso di ospitare famiglie come quella di Granitto, il cui arrivo da altre parti d’Italia ha contribuito a a far crescere il territorio di Monte Argentario. "Ci auguriamo ha detto Borghini – che certe cose non avvengano più. Personalmente sono ottimista e fiducioso per il futuro, anche se in questi giorni vediamo situazioni terribili, frutto di scelte sbagliate". Il prefetto Paola Berardino ha quindi consegnato la "Medaglia d’Onore" ai familiari di Alfredo Granitto.

E il ricordo del nonno, da parte della nipote Ylenia, è stato sicuramente uno dei momenti più toccanti della cerimonia. "Siamo onorati ed emozionati di ricevere questa medaglia – ha esordito –. Il racconto di nostro nonno, in noi, è ancora indelebile. La sua storia ce la raccontava l’inverno davanti al camino, o l’estate in giardino. Ci ha narrato le condizioni disumane in cui viveva all’interno del campo: quando è tornato pesava 35 chili. Spesso, ci raccontava, i prigionieri venivano puliti con la varichina per disinfettarli, provocando loro numerose abrasioni sul corpo. Una volta poi, mio nonno Alfredo, ha rischiato di essere fucilato perché aveva preso un pugno di legumi dal magazzino". Toccante il ricordo finale che di nonno Alfredo ha fatto Ylenia. "E’ sempre stato un uomo affabile, generoso e rispettoso nei confronti di tutti, e questi sono i valori che ci ha trasmesso, ma soprattutto ci ha insegnato una cosa: l’indifferenza è una colpa e ciascuno di noi, nella vita, deve fare delle scelte, a qualunque costo. Questa medaglia ci aiuterà a tenere viva la sua memoria e a continuare a scegliere di combattere l’indifferenza. Oggi nipoti e pronipoti di nonno Alfredo hanno questo compito".