Il ct Piazza: "Punta Ala, Coverciano del Polo"

Il tecnico della Nazionale è sicuro: "Lo splendido impianto, recuperato da Gaia Bulgari, ha tutto per essere un centro federale azzurro"

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Chiamatelo pure highlander, non sbaglierete. Una vita in sella ai cavalli, partendo da Monza, passando per Roma e innamorandosi perdutamente di Punta Ala. Franco Piazza, 63 anni sulle spalle, tecnico federale del polo, oltre 50 anni in sella a un cavallo e una passione che non vuole saperne di diminuire. Nelle giornate della Punta Ala Polo Cup, il cittì della Nazionale italiana ritrova luoghi del suo passato, riscoprendo emozioni che non sono mai venute meno e che, grazie al recupero del Centro Ippico fortemente voluto da Gaia Bulgari, tornano prepotentemente a emozionarlo.

La passione per il cavallo dove nasce e dove l’ha portata?

"È un affare di famiglia. Ho cominciato col polo a 11 anni a Monza, città nella quale sono nato ed è proseguita poi a Roma, dove vivo da 45 anni. Sono cresciuto in mezzo ai pony per poi passare ai cavalli più grandi. Da giocatore e allenatore ho potuto di girare il mondo: con la mia famiglia venivamo a Roma, a Punta Ala negli anni d’oro, poi una volta fatto il militare nella capitale non mi sono più mosso. Ho avuto la possibilità di vedere posti incredibili, dall’India, al Nepal, per non parlare del Messico, paese che mi è rimasto nel cuore come ho nel cuore Punta Ala".

La Punta Ala Polo Cup ha segnato la rinascita di un Centro Ippico storico. Potrebbe puntare a essere un Centro Federale, una sorta di Covercianodel Polo?

"Ha tutti i requisiti per esserlo. E’ una delle case storiche del polo ed è bello poter ritrovare dopo tanti anni un impianto così bello. In futuro vogliamo avvicinare sempre più giovani con i tornei durante l’anno. Le Ponyadi di Arezzo hanno segnato la strada da seguire".

Oltre a pensare all’Europeo femminile del 2023, in questi giorni sta pensando anche al Mondiale di ottobre?

"Chiaramente stiamo visionando anche dei giocatori. L’appuntamento di ottobre a Palm Beach sarà una grande avventura".

L’ennesima della sua infinita carriera, ha giocato fino a pochi anni fa, detiene ancora il record di handicap 5, si sente ancora giocatore?

"Bisogna capire quando è il momento di smettere: sono sceso in campo fino a 60 anni, ma l’età e soprattutto gli acciacchi si fanno sentire (sorride, ndr). Da 15 sono anche tecnico federale e questo mi dà grandi stimoli nel trasmettere la mia passione per questo sport magico".

C’è un allenatore, anche di altri sport, a cui si ispira?

"Nereo Rocco: la sua empatia e il suo modo di gestire il gruppo erano unici. Un allenatore deve anche e soprattutto essere psicologo, capendo che non tutti i giocatori rispondono in maniera identica agli stimoli e agli input che gli vengono dati. È importe capire chi si ha davanti".

Il polo è uno sport che si gioca su un campo enorme (270 metri di lunghezza e 180 di larghezza, ndr), ma è paragonabile ad altri sport?

"Ci vedo molto dell’hockey e del rugby, per la velocità del gioco e per i contrasti. Sarà che la mia famiglia, oltre che ai cavalli, ha tradizione rugbistica: mio padre è stato giocatore e arbitro, mio figlio e mio nipote giocano tutt’oggi".

Il Punta Ala Polo Club sarà teatro dell’Europeo femminile del 2023, con l’Italia detentrice del titolo continentale.

"Sarà una grande manifestazione e contribuirà a fare di questo campo un punto di riferimento per il polo".

Trova differenze nell’allenare uomini e donne?

"Onestamente no, l’importante è riuscire a trasmettere loro la passione per il polo, è questo che bisogna inculcare nelle loro teste, con la passione si possono fare le cose più impensabili", come giocare fino a 60 anni, Franco Piazza insegna.

Paolo Franci