Fonti all’asciutto, i rifugi restano chiusi

I due edifici ristrutturati sono attrezzati per accogliere i turisti ma la mancanza di acqua nelle sorgenti blocca il progetto

Migration

La siccità si fa sentire, anche in alta quota. A causa dell’assenza di piogge negli anni passati anche l’Amiata soffre, tanto che due sorgenti che vengono utilizzate, almeno in parte, anche per fornire acqua a due rifugi di montagna sono a secco. Senza quest’acqua le due strutture non possono aprire.

Di recente sono stati ristrutturati due rifugi, uno in località Fonte delle Monache (nella foto), nel comune di Santa Fiora, un altro in località Capo Vetra, nel comune di Seggiano. Terminati i lavori e arredate le stanze, le due strutture erano pronte ad accogliere turisti ed escursionisti ma le conseguenze della siccità si sono fatte sentire. Ad oggi il Consorzio forestale che ha in gestione le due strutture sta studiando soluzioni alternative per il reperimento di acqua, così da garantire l’apertura dei due rifugi.

"È un vero problema – commenta Fiorenzo Caselli, presidente del Consorzio Forestale dell’Amiata –. Queste due sorgenti sono storiche, negli anni passati erano in parte utilizzate anche da tutti quei visitatori e turisti che venivano in questi angoli di bosco, per rifocillarsi. I due rifugi sfruttano una parte della risorsa idrica che sgorga da queste due polle d’acqua per alimentare la struttura. L’acqua viene pescata, entra in una vasca, viene resa potabile ed esce dai rubinetti".

Abbandonate da anni, questi due strutture nel 2021 sono state oggetto di interventi di ristrutturazione grazie ad un progetto interamente finanziato dal Psr della Regione Toscana 2014-2020 attraverso la sottomisura 8.5. Sono stati riportati a nuova vita per divenire due rifugi escursionistici a servizio della rete sentieristica dell’Amiata.

"Stiamo ricevendo molte richieste da parte di gruppi scout – commenta Caselli – e di escursionisti. Abbiamo le stanze arredate". Ogni rifugio può ospitare circa 15 ospiti. Caselli, che anche ieri si trovava in montagna, osserva la vegetazione dell’Amiata e vede molto in sofferenza. "Come sappiamo – spiega – la siccità di oggi è il frutto dell’assenza di piogge e precipitazioni nevose negli anni passati. Mi capita di camminare tra i faggi, in alta montagna, e vedere il terreno molto asciutto, addirittura secco. Soffre anche la vegetazione che si trova nella parte più alta del cono vulcanico. Purtroppo le piogge arrivano come tempeste, scivolano sulle foglie e non penetrano nel sottosuolo. Servirebbero piogge meno intense ma più frequenti, così come servirebbero, in inverno, nevicate più copiose".

Nicola Ciuffoletti