Feniglia come Versiliana, le pinete distrutte dal maltempo. E dall'uomo

La strage di alberi di oggi nel Grossetano simile a quella del 2015 nella terra cantata da D'Annunzio. All'origine, l'indifferenza sempre maggiore dell'uomo per la natura

La Feniglia, dopo la tromba d'aria che ha abbattuto centinaia di pini

La Feniglia, dopo la tromba d'aria che ha abbattuto centinaia di pini

Grosseto, 21 novembre 2019 - La tromba d’aria che a Feniglia, nel Grossetano, ha pressoché distrutto una storica pineta, evoca quanto accaduto nel 2015 in Versilia, fdove un’altra pineta, quella della Versiliana (pur essa storica), subì gravissimi danni, e dove D’Annunzio ambienta La pioggia nel pineto, che non ha niente di tempestoso. Anzi, descrive una pioggia dolce, con ritmi cadenzati, che sembrano emettere note e parole. Diciamo ciò, perché queste nuove bufere, che includono perfino trombe d’aria, imporranno ai nuovi poeti e scrittori di raccontare gli eventi della natura in ben altro modo da quelli narrati dagli autori del Novecento. Secolo nel quale, almeno fino agli anni Settanta, la campagne d’Italia erano curate, sovente alla stregua di giardini, così le foreste e le irrigazioni. Niente doveva essere fuori posto, e tutto bisognava fosse sorvegliato. Una cultura antica, che ci trascinavamo da secoli, e radicata nella società agreste. Adesso la nostra attenzione si rivolge altrove, anche se non sappiamo esattamente dove.

Verso la natura siamo tutti distratti, preferendole di gran lunga le scoperte e le pratiche tecnologiche. Ciò non toglie che la natura, e in questo caso gli alberi, continuino ad esistere, e a prosperare sovente in maniera perfino eccessiva, poiché non più sorvegliati dalla mano dell’uomo. Ci accade infatti, viaggiando su molte strade, anche arterie principali, di passare spesso in mezzo a tratti di boscaglie inselvatichite, per il fatto che sono state abbandonate a se stesse, e dove le piante rampicanti, imprigionano e soffocano pini, querce, frassini, lecci, olivi e castagni; e non solo: dove prima erano prati e frutteti, adesso può accadere di trovarvi distese di siepi che hanno preso il sopravvento sugli alberi domestici e da frutto. Fra noi e gli alberi sembra non esservi più intesa e collaborazione. Molti di essi crescono ai margini delle vie carrozzabili, non a giusta distanza, e coi temporali può accadere che precipitino, creando spesso seri disagi. Ne abbiamo avuto dimostrazione nei giorni scorsi di pioggia incessante. Si può dire che non troviamo campagna o collina, dove piante siano crollate o siano in bilico. Pini, abeti, castagni, olmi (se ne contano sempre di meno) querce, lecci, frassini e altri, sono quelli coi quali, insieme alle piante da frutto, abbiamo una maggiore confidenza. Sovente sono i nostri “vicini “ di casa. Oppure, come i castagni e gli olivi, ci sono per certi aspetto fratelli, in quanto, da tempi immemorabili, ci danno cibo coi loro frutti. I primi si trovano, soprattutto, in collina e montagna; e la raccolta delle castagne, per chi ancora la pratica, comporta una sorta di rito, che inizia con la ripulitura delle selve; così la raccolta delle olive. Ogni castagno, ogni olivo che abbiamo conosciuto e con cui abbiamo avuto a che fare, non lo dimentichiamo più: ci entra nella mente e nella coscienza alla stregua, poiché lo è, di un essere vivente con cui comunichiamo tramite pensiero.  Non diversamente va con le piante da frutto di ogni genere; i dolci sapori che ci offrono coi loro prodotti non possono infonderci se non gratitudine e riconoscenza.

I giovani di oggi, fin alle elementari, dovrebbero essere spesso portati non solo nelle fattorie a conoscere gli animali, ma anche nei boschi, negli oliveti e nei castagneti, affinché stabiliscano con animali e alberi quello che più manca loro: il dialogo con la natura in senso lato. Bisogna tornare a saper apprezzare l’olezzo dolciastro del concime di mucca, e la freschezza delle cortecce delle piante inzuppate di pioggia.

Ecco perché i disastri avvenuti, prima in Versilia, e adesso nel Grossetano, a causa di trombe d’aria, ci ha tolto qualcosa che ci apparteneva alla stregua di un’eredità: i pini, questi alberi alti, veri giganti, dalle chiome ampie, che riparano dal sole d’estate e dai venti d’inverno. Ma non possono difendersi dalle trombe d’aria perché queste sono autentiche bombe che calano dal cielo, rasano la terra come un’immensa lama, e seminano distruzione. Ma non la morte. Gli alberi sono legati a madre terra, che mai abbandona i suoi figli. Si rigenereranno, tornando a nuova vita. Loro sono gli alberi.