Nuova terapia ventilatoria, così i pazienti respirano meglio

L’idea è del medico rianimatore Addamo: sua la modifica artigianale alla comune mascherina per l’ossigeno

Il dottor Pietro Addamo con la sua realizzazione

Il dottor Pietro Addamo con la sua realizzazione

Grosseto, 27 marzo 2020 - Un contributo importantissimo alla lotta al coronavirus su scala nazionale e non solo arriva dall’ospedale Misericordia di Grosseto dove il dottor Pietro Addamo, medico rianimatore nell’ala Covid, ha sviluppato una nuova terapia ventilatoria in grado di migliorare in maniera significativa le condizioni respiratorie dei pazienti affetti da Sars-Cov2 nelle forme lievi, medie e moderate. Si tratta di un intervento non invasiva che di fatto permette di trattenere i pazienti nei reparti non intensivi, contrastando in maniera efficace l’aggravamento di quelle complicazioni polmonari dovute a Coivd-19 che potrebbero comportare il trasferimento in rianimazione.

La metodologia sperimentata alcuni giorni fa dal dottor Addamo e da alcuni suoi colleghi su un piccolo gruppo di pazienti se applicata su larga scala, dunque, potrebbe dare un contributo fondamentale per tenere i posti in terapia intensiva il più liberi possibile. Addamo ha chiamato questa metodologia "Ventiloterapia di reclutamento" e non necessita di particolari strumenti, ma solo di una modifica ‘artigianale’ della comune mascherina per l’ossigeno e di una valvola ad acqua anch’essa realizzata in maniera ‘fai da te’.

"Pochi giorni fa avevo un paziente ricoverato con casco Niv (casco per la ventilazione non invasiva, ndr) la cui ossigenazione nel sangue non riusciva a migliorare nonostante il ventilatore – racconta Addamo –. Dovevo intervenire in una qualche maniera e ho pensato che riuscendo a creare una resistenza nella fase di espirazione del paziente si sarebbe contrastata la tendenza all’otturazione degli alveoli polmonari causata dall’infezione per Covid-19. Così ho modificato una normale mascherina dell’ossigeno abbinandola a un tubicino utilizzato come incentivatore espiratorio. In pratica il paziente ispirava ossigeno dalla mascherina e doveva espirare attraverso questo tubicino, collegato nella parte terminale con un boccione riempito di acqua quasi per metà. Il paziente, in sostanza, doveva buttare fuori l’aria arricchita di ossigeno presa dalla mascherina riuscendo a produrre bolle d’aria nell’acqua. Creando questa resistenza espiratoria, a livello alveolare si esercita una pressione interna che contrasta la tendenza all’otturazione dovuta al coronavirus. La respirazione ne guadagna e l’ossigenazione migliora di molto. Ho fatto praticare al paziente questo esercizio per 15 minuti consecutivi, ripetendolo una seconda volta dopo mezz’ora di pausa. Il tutto per 3 ore consecutive. Alla fine, andando a rivalutare il livello di ossigenazione, questo era tornato quasi alla normalità intorno al 98%. Ritengo che questa Ventiloterapia di reclutamento, che si affianca alle terapie farmacologiche, sia utile per evitare sovraffollamento nei reparti di terapia intensiva perché applicabile ai casi non gravi".