Capalbio, parla il tassista dei vip: "Mi confessano tutti i loro segreti"

Vita e opere di Renato, l'autista che ha portato sulla sua vettura alcuni nomi italiani molto noti

Renato, l'autista dei vip

Renato, l'autista dei vip

Capalbio (Grosseto), 31 luglio 2018 - Per tutti è semplicemente Renato. Il taxi driver dei vip. Dei nobili, dei supermanager, degli attori, degli scrittori. Che qui arrivano e vanno, come le nuvole in estate. Sciamano nei casali, per le feste con i camerieri in livrea e guanti bianchi: poi via. Con lui. Renato è il Robert De Niro di Capalbio, il buen retiro che fu della sinistra e dell’intellighenzia. «Naomi Campbell? Più che una Pantera nera è un gattino che graffia d’arroganza per un’insicurezza cronica», dice. E chissà come la prenderebbe la Venere delle passerelle degli anni Novanta, se lo sapesse. Lui non si fa né in qua né in là, perché per lui contano le persone, quelle con la P maiuscola: «Per fortuna ancora se ne trovano, non molte».

Renato non è che sembri, è un personaggio uscito da un romanzo: in quattordici anni, da quando si è reinventato autista dei vip, ha consumato 2 milioni di chilometri, lavorando sei mesi all’anno. Sessantadue anni da higlander, dormendo tre ore per notte: «Così non sento più il dolore né la fame, né il caldo, né il freddo: non me lo posso permettere».

A settembre va a Lourdes, ogni anno da dieci anni: «Porto le barelle, aiuto i malati».

Quando è andato al Comune di Capalbio a chiedere la licenza di tassista, nel 2004, le hanno riso in faccia.

«Eccome. Ma io non sono un pagliaccio. Mi hanno detto: chi ci porti quassù col taxi? Io avevo bisogno di reinventarmi un lavoro. Nel 1999 uno dei miei tre figli si è rotto una vertebra in un incidente in mare. È rimasto paralizzato. Mi servivano soldi per curarlo al meglio. A ottobre lo rimettiamo in piedi con l’esoscheletro. Questa è la missione della mia vita».

Però l’ha avuta vinta lei. Chi ha accompagnato col suo taxi?

«Tutti».

Nomi?

«Non li ricordo tutti: ho accompagnato tante volte Umberto Eco, Francesco Rutelli, Ilaria D’Amico, Giorgio Napolitano... Ma ha senso fare un elenco? È bello quello che lasciano le persone».

E a lei cosa hanno lasciato?

«Con me parlano tranquillamente. Anche di cose delicatissime: delle amanti, di accordi segreti, di grandi progetti. Sanno che quello che dicono resta qui. Io sono come un prete, il confessore muto di tutti».

Sono state prese decisioni importanti a bordo con lei?

«Sono state fatte ordinanze, scritte leggi, decise azioni che non potrei mai raccontare».

Qual è stata la richiesta più bizzarra?

«Appena arrivati a Capalbio una signora mi ha subito rispedito a Milano a prendere un beauty case piccolo così, per 900 euro. Chissà cosa c’era dentro».

Che cosa si sono dimenticati sulla sua auto?

«Tutte cose che ho restituito. Carte di credito d’oro, telefonini, computer portatili, portafogli, vestiti. Anche un anello con diamante, preziosissimo».

C’è qualcosa che non ha avuto cuore di restituire?

«Un paio di mutandine da donna lasciate da un big della politica».

La pagano bene o sono tirchi?

«Qualcuno tira sempre sul prezzo. Ma sono i finti ricchi. In genere sono molto contenti del servizio e pagano volentieri».

Rimpiange la vita precedente?

«Avevo un rimessaggio di barche, ero un Caronte da Divina Commedia, traghettatore di gente che voleva andare a pescare. Poi facevo il guardiano notturno all’Ultima Spiaggia e il buttafuori quando c’erano le serate danzanti. Tutti momenti speciali, ma non rimpiango niente».