Grosseto, 19 novembre 2013 - "Schettino volle rimanere da solo sullo scoglio. Era lì solo. Pensavo che si potesse suicidare". Lo racconta il comandante in seconda della Costa Concordia Dimitrios Christidis testimoniando stamani al processo di Grosseto sul naufragio costato la vita a 32 persone. In aula, al teatro Moderno, anche l'ex comandante.

Christidis raggiunse Schettino sullo scoglio dopo che era arrivato a terra con una zattera di salvataggio con una quarantina di naufraghi. "A una certa distanza - ha raccontato il testimone in aula - c'era il comandante Schettino. Era al telefono e guardava la nave. Mi sono avvicinato a lui e gli ho parlato. Gli ho detto di portare via i passeggeri perche' non stessero all'addiaccio, era freddo. Ma Schettino mi rispose: 'io devo stare qua per organizzare il soccorso'. E allora - continua il teste - io gli dissi: 'qua non possiamo organizzare niente, siamo su uno scoglio'".

In realtà, ha raccontato ancora il comandante in seconda Christidis "lui voleva rimanere lì da solo sullo scoglio. E allora pensai che si potesse uccidere. Rimanemmo su quello scoglio per una mezz'ora circa".

 "ERO AL TELEFONO" -  ''Io sullo scoglio? Ero al telefono con De Falco'': cosi' in una pausa del processo il comandante Francesco Schettino ha risposto ai cronisti che gli chiedevano cosa facesse sullo scoglio della Gabbianara dov'era approdato durante il naufragio della Costa Concordia. De Falco e' l'ufficiale della capitaneria di porto di Livorno che ebbe con Schettino la telefonata con la frase 'Vada a bordo, c...'. 

 "NESSUN ORDINE DA SCHETTINO" - "La situazione era grave, non si sentivano ordini - ha riferito ancora Christidis - Mi sarei aspettato l'ordine di emergenza generale, o quello di abbandono nave. Mi aspettavo ordini piu' incisivi'', mentre ''ho sentito che chiamavano il 'tango india' (soccorso a infortunati, ndr) e che chiamavano il segnale di falla il Delta-x-ray, sono due fischi, mentre scendevo giù in macchina''. Piu' tardi, quando ormai il naufragio era chiaro e doveva essere abbandonata la nave: ''Cercai di mettere pressione al comandante Schettino che peraltro mi appariva lucido, non so, forse non se lo aspettava, a dare l'abbandono nave'' poi ''e' stato spinto un po', da me e anche dall'altro comandante in seconda Bosio. E' stato un insieme di suggerimenti, per convincerlo. Lui ascoltava, era incalzato da me e da Bosio che gli diceva 'Giu' stanno preparando le lance'. Ma il comandante si limitava a prendere atto e continuava a chiedere se la nave si era appoggiata. Allora l'altro k2 Bosio dette lui l'ordine di abbandono nave''. Christidis, che sarebbe entrato in servizio l'indomani, ha anche detto che ''quando ero salito in plancia per capire cos'era successo erano tutti calmi, c'era una specie di relax. Ho chiesto: 'Ma quanti gradi siamo sbandati?'. Mi risposero che l'inclinometro era fuori servizio''.

 "L'INCHINO? OGNI VOLTA PIU' VICINO" - Al processo è stato sentito anche il secondo ufficiale di macchina della Costa Concordia, Alberto Fiorito. ''L'inchino l'abbiamo sempre fatto, solo che le ultime volte lo facevamo sempre più vicino, sempre più vicino, e poi lui ha fatto uno svarione'':  così Fiorito, in una telefonata con la madre intercettata dagli investigatori pochi giorni dopo il naufragio del Giglio il 13 gennaio 2012. La telefonata, dai toni coloriti, è stata fatta sentire dal pm Maria Navarro durante la testimonianza resa dallo stesso Fiorito. La madre di Fiorito chiede al figlio come sia potuto accadere l'incidente e perché sia stato fatto l'inchino. ''L'abbiamo sempre fatto, le ultime volte sempre più vicino, poi ha fatto uno svarione, non si è reso conto ed è caduto nel fango'', rispose Fiorito al telefono coi genitori che volevano sapere. ''Mariiiiia _esclamò la madre sempre al telefono_ me lo avevi sempre detto del comandante...''. A una domanda del pm Maria Navarro, relativa a questa conversazione, Fiorito ha precisato che ''sempre più vicino'' significa che Schettino si avvicinava con la nave negli ''ultimi tre passaggi al Giglio considerando che si tratta di una tappa di una crociera settimanale'' nel Mediterraneo. E ancora Fiorito in aula: ''Non c'erano comunicazioni ufficiali, c'era questa routine, per telefono ci avvisavano in macchina di questi passaggi''. Poi, a una domanda delle parti civili Fiorito ha precisato che lui si rendeva conto del passaggio al Giglio, pur stando nella sezione macchina, che è sotto la linea di galleggiamento della nave, perché ''più basso è il fondale, più la nave vibra. Lo so da questo, perché la nave sobbalza se il fondale è basso, vibra tutto''. Quando ha parlato del momento dell'urto, Fiorito ha detto di aver sentito che ''le lamiere della nave si accartocciavano''.

"DOPO 45' LA SITUAZIONE NON ERA ANCORA CHIARA" - ''Dopo 45 minuti dall'impatto la situazione ancora non era chiara. La gente deve capire con chi ha a che fare. Schettino è una brava persona''. Lo ha detto l'avvocato Patrizio Le Piane, del pool difensivo di Francesco Schettino, unico imputato al processo sul naufragio della Costa Concordia, prima dell'udienza odierna, commentando quanto emerso nel processo finora, in riferimento ai tempi del naufragio ricostruiti nel processo con le testimonianze delle ultime udienze. Secondo il legale ''di fatto in plancia dopo 45 minuti non si sapeva quanti compartimenti fossero allagati''. ''L'accusa - ha detto Donato Laino, altro legale del pool - ha parlato di criminale ritardo per nove volte. E invece e' stato dimostrato che c'era una confusione pazzesca''. 

 "SULLA CONCORDIA NON FUNZIONO' NULLA" - Sulla Costa Concordia ''non funzionò praticamente nulla'' e la società ''ci offende'' se non riconosce ''il nostro ruolo processuale'': così le parti civili rappresentate al processo di Grosseto dal pool di legali 'Giustizia per la Concordia', secondo dichiarazioni fatte stamani con una nota scritta, criticano le affermazioni fatte ieri dal difensore della Costa Crociere spa, avvocato Marco De Luca, che aveva definito i rilievi delle parti civili ''stupidaggini'' e che contano da zero in giu'''. In questa fase del processo il confronto tra parti civili e Costa spa, si e' acuito. ''Le parti civili rappresentate dagli avvocati di Giustizia per la Concordia, profondamente offese dalle dichiarazioni di De Luca, ricordano di avere rischiato la propria vita per la assoluta mancanza di preparazione del personale della Costa a bordo della Concordia e di averla avuta salva solo per caso - afferma l'avvocato Cesare Bulgheroni -. Le parti civili chiedono al tribunale di Grosseto la Giustizia che Costa non vuole concedere a chi ad essa aveva affidato la propria vita e rivendicano il loro ruolo processuale come fondamentale per la ricostruzione del naufragio e delle fasi seguenti all'urto''.


L'avvocato Massimiliano Gabrielli, dello stesso pool Giustizia per la Concordia, afferma che ''da quanto riferito dai testi del processo Schettino risulta un fatto certo. Queste navi sono progettate per offrire una sensazione di lusso ai passeggeri e massimizzare i guadagni dell'armatore, ma non certo per garantire la sicurezza in caso di emergenza; sulla Concordia non ha funzionato praticamente nulla''. ''Il generatore di emergenza e' all'undicesimo piano e lontano dal punto di urto, eppure è andato subito in grave avaria, impedendo di dare corrente ai sistemi vitali per la gestione dell'abbandono nave, le porte stagne facevano acqua da tutte le parti e gli ascensori si sono trasformati in trappole mortali''. ''Se a questo aggiungiamo - prosegue Gabrielli - che l'equipaggio e gli ufficiali si sono lasciati prendere dal panico e che dalla unita' di crisi, nonostante l'evidenza della situazione, non sono arrivate disposizioni per dare subito la emergenza generale, si spiega la gravissima responsabilita' abbia Costa Crociere''.