Grosseto, 8 ottobre 2010 - Cinque vite spezzate, nessun colpevole: a nove anni di distanza dal drammatico schianto dell’eliambulanza Pegaso contro la collina di Tirli è ancora difficile farsene una ragione. Il ricordo di quella tragica notte è indelebile in tutti i maremmani e, soprattutto, in quanti per un motivo od un altro, erano vicini alle cinque persone morte. Su tutti i familiari di Niccolò Campo, 42 anni medico del 118; Gemma Castorina, infermiera di 44 anni; Paolo Brancaleon e Giovanni Minetti, entrambi di 38 anni, copilota e pilota e il ferito che stavano cercando di strappare alla morte, con il trasferimento all’ospedale di Pisa, Paolo Massellucci di 29 anni, che poche ore prima era rimasto ferito in un incidente stradale lungo la strada della Trappola.
Poco dopo le due di quel maledetto 9 ottobre 2001, dalla torre di controllo di Poggio Ballone, fu sentito un boato. Chi era in servizio capì subito che poteva trattarsi di qualcosa di drammatico, ma la nebbia che proprio in quel momento avvolgeva la collina impedì di vedere subito la terribile scena che si presentò agli occhi dei soccorritori. Il caratteristico elicottero giallo ridotto a pezzi, in fumo, e i resti dei cinque corpi sparsi sul terreno. Un dramma su cui, nonostante le indagini si siano concluse di fatto nel 2006 — anno in cui il giudice per le indagini preliminari Armando Mammone ha firmato l’archiviazione — è difficile porre la parola fine. Arduo da annoverare tra le tragiche fatalità. A causa di alcuni episodi emersi nel corso degli accertamenti giudiziari: la presunta falsificazione di un certificato medico, la richiesta di supplemento di indagini del gip Mammone alla prima richiesta di archiviazione del pm Rosa Valotta. E poi ancora, nello stesso dispositivo di archiviazione per i reati di omicidio colposo, il rinvio dei documenti alla Procura per capire se c’erano gli estremi per avviare un procedimento per frode processuale nei confronti di chi aveva falsificato il certificato medico. Procedimento, a quanto ne sappiamo, mai avviato. Non sarebbe servito a far tornare in vita le cinque persone, ma gli interrogativi irrisolti, in tragedie simili, aggiungono dolore al dolore.
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