Grosseto, 7 settembre 2010 - Il presidente della Misericordia, Gabriele Bellettini, lo definisce «un ottimo amministratore pubblico, un educatore e anche un grande personaggio della cultura» dicendo che per la sua associazione «sarebbe un onore accoglierlo nel proprio camposanto». I rappresentanti di Pitigliano di Area Destra, invece, dicono di essere «sconcertati per la rigida applicazione della norma sulla concessione decennale della tomba» e invitano il sindaco Dino Seccarecci «a trovare un’idonea soluzione al problema».

 

Ma, ribaltanto un concetto tanto caro al maestro Alberto Manzi, la sensazione è che adesso sia ormai troppo tardi per rimettere insieme i cocci causati da un’ordinanza che — dice il sindaco — non poteva non esser firmata perché dettata dalla legge e che, invece — sostiene la vedova del maestro d’Italia — tutto ha fatto tranne che rispettare le ultime volontà del marito e, soprattutto, la sua memoria. Il sindaco, comunque, prova a ricucire.
«LA TRASLAZIONE delle salme dopo dieci anni dalla sepoltura è prevista dalla legge, per cui il Comune non poteva agire diversamente dall’adozione del provvedimento — dice Seccarecci —. E’ chiaro, però, che la nostra volontà sia quella di parlare con la signora Sonia Boni e trovare una soluzione condivisa. Con lei parlerò io personalmente, anche per illustrarle alcune proposte. Non credo, insomma, che una procedura solo amministrativa dovesse far nascere un caso simile».

 

Ma quello che ha aggiunto amarezza alla situazione, per la vedova di Manzi è stato proprio l’aver trattato la questione come un «passaggio di routine». No, questo non lo accetta proprio.«Una mancanza totale di rispetto, questo è stato — dice Sonia Boni —. Nessun rispetto per il suo impegno, per ciò che ha dato e anche per ciò che ha rappresentato per l’intera nazione. Alberto sarà da più parti ricordato nelle celebrazioni per l’unità d’Italia, esiste un Centro studi che porta il suo nome e valorizza il suo lavoro, a Torino saranno organizzate un convegno di due giorni per ricordarlo e una mostra antologica che andrà avanti per due mesi e a Pitigliano, il suo paese, il Comune tratta la sua riesumaziome come un fatto di routine? E ora il sindaco dice di volermi parlare, di volermi incontrare? No, non credo che questo accadrà. Ciò che il Comune aveva intenzione di farmi sapere lo ha fatto con quell’ordinanza: lunedì prossimo inizierà la riesumazione delle salme, compresa quella di mio marito. Questo è scritto nell’ordinanza che nessuno (ripeto: nessuno) ha sentito il dovere morale di farmi conoscere, né per posta né con una telefonata. Se non fossi stata avvisata da un amico, l’avrei scoperta a cose fatte?». E secondo la vedova del maestro la scelta del luogo della sepoltura aveva avuto anche un significato profondo.

 

«Alberto voleva riposare in terra — racconta ancora Sonia Boni —, ma a Pitigliano, quando lui morì, erano circa venti anni che non c’erano sepolture di questo tipo. Si pensava, in paese, che la terra fosse destinata a sepolture di secondo piano, di minore importanza. Io feci rispettare la sua volontà e dopo questo gesto la situazione è cambiata e le sepolture in terra sono tornate ad essere una cosa normale. Ecco perché mi rattrista il fatto che da quella terra adesso vogliono toglierlo. Io il nome di mio marito l’ho sempre difeso ogni volta ritenessi ci fossero situazioni che non gli rendevano giustizia, e così ho intenzione di fare anche adesso».

 

Di certo la sua battaglia ha fatto presto a catturare l’attenzione della stampa. «Adesso non faccio altro che rispondere alle domande dei giornalisti — dice ancora —, ma non è assolutamente vero, come qualcuno ha detto, che io volessi portare via le spoglie di Alberto da Pitigliano. Questa è una falsità. Ciò che mi sembra evidente, invece, è che mio marito per qualcuno possa rappresentare un fastidio anche da morto. Lui era uno che amava la gente e che la gente amava con la stessa intensità, ma lui non amava certa gente dei Palazzi. Chi lo ha conosciuto, chi ha avuto modo di vedere come lavorava, le cose che faceva per la collettività, probabilmente ha saputo cogliere la differenza fra lui e gli altri. Questa è l’unica spiegazione che riesco a darmi».

 

E il suo livello di attenzione su ciò che accade intorno al nome del marito non si abbassa neanche di fronte a iniziative che potrebebro in teoria sfuggire al suo controllo. Ad esempio la Rai. «La Rai — racconta Sonia Boni — sta preparando una fiction in due puntate su Alberto, o meglio sull’attività che ha portato avanti tra il 1946 e i primi anni Sessanta. Il produttore è Angelo Barbagallo, una persona della quale mi fido molto, ma gli accordi che ho preso sono stati precisi: voglio leggere la sceneggiatura e solo dopo darò l’autorizzazione. Già nella fase di casting, ad esempio, ci sono state scelte che non mi hanno convinto fino in fondo».

 

Ma quella di questi giorni non è una fiction, nella migliore delle ipotesi è un malinteso nato dalla burocrazia che macina tutto trattando tutto allo stesso modo. Il sindaco Dino Seccarecci dice che, parlando, tutto si chiarirà e che al maestro Alberto Manzi il Comune renderà effettivamente omaggio per come merita, ma dall’altra parte sembra destinato a trovare nessun margine di ripensamento. «Un incontro con il sindaco non vedo proprio a cosa possa servire — ribadisce la vedova Manzi —. Mi sembra che il messaggio sia arrivato fin troppo chiaro e io, quindi, non credo di aver bisogno di altre spiegazioni».

 

Chi l’avrebbe detto? Lui che attraverso la televisione ha insegnato a scrivere ad almeno un milione di persone, adesso è al centro di una questione per un documento del Comune che la moglie non ha mai potuto leggere.