Nakata, l’antidivo che adesso pensa agli altri

Il 7 giugno 2008, a Yokohama, davanti a 63mila spettatori la sua partita di addio. Avversari una selezione di giocatori giapponesi e una di All Star guidata da José Mourinho. Così dice Wikipedia. Ma quello che non racconta è che da quel momento di Hidetoshi Nakata, fuoriclasse-meteora viola, inserito da Pelé nel Fifa 100 (lista dei più grandi della storia del pallone ancora viventi stilata dal campione brasiliano) si sono perse le tracce sportive. A soli 29 anni ha scelto di dire basta, dopo la sua ultima parentesi da queste parti proprio con la maglia numero 10 della Fiorentina. Era la stagione 2004-2005. Poi il Bolton in Premier, quindi lo stop, sorprendendo tutti. Ma fino a un certo punto perchè ’Hide’ è sempre stato così, schivo e timido, come lo sono gli orientali. Ma non insensibile, anche se antidivo per eccellenza: mai una intervista, mai sotto i riflettori. Ha smesso perché non gli piaceva più l’ambiente, troppo lontano dal suo pensiero. Dopo il pallone ha iniziato a viaggiare, girando cento nazioni in soli tre anni. Il motivo? Dopo una carriera passata tra hotel e stadi si è accorto di non conoscere niente dei posti dove era stato da giocatore. Ed è in questo momento che è scoccata la scintilla. Già, perché nonostante il suo modo di essere ’non stella’, era riconosciuto ovunque. Una molla per capire che il calcio ha un potere enorme per portare messaggi positivi. Ecco perché, usando la sua popolarità, ha creato una fondazione che ha come scopo il bene degli altri, lavorando proprio con le onlus locali. Un campione di sensibilità e umanità, anche se il testamento calcistico di Maradona è stato chiaro: "Se tutti i giapponesi cominciassero a giocare come lui, dovremmo iniziare a preoccuparci...". E se lo diceva Il Diez...

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