Mondiali di pallavolo, la notte magica di Maruotti nella "sua" Toscana

Chiamato dalla panchina, il nuovo schiacciatore di Siena diventa decisivo nella vittoria con la Slovenia, Romano, vive a Firenze con la moglie e il figlio

Gabriele Maruotti (foto Lapresse)

Gabriele Maruotti (foto Lapresse)

Firenze, 19 settembre 2018 - La notte magica di Gabriele Maruotti comincia nel momento più buio di Italia-Slovenia. Per carità, la partita di martedì sera al Mandela Forum di Firenze non era decisiva per la classifica, ma importantissima sì. Per tre motivi: primo, perché alla seconda fase di Milano si portano dietro i punti conquistati nella Pool fiorentina; secondo perché chiudere a punteggio pieno dà ben altro morale e ben altra consapevoelzza che chiudere con una sconfitta; terzo, perché c'era da vendicare il ko che gli sloveni ci avevano inferto agli Europei.

E la storia di Maruotti comincia lì, sul 13-12 per gli sloveni che sono anche avanti di un set. Coach Blengini, che la sua carriera da primo allenatore l'ha cominciata proprio in riva all'Arno sulla panchina della Codyeco Lupi di Santa Croce, chiama il gregario dalla panchina al posto di uno spento Lanza. E' la svolta: Maruotti prima dà man forte in ricezione, poi anche in attacco. La partita cambia, Maruotti non esce più e l'Italia vola via e vince la partita.

Un piccolo sogno diventato realtà per lo schiacciatore che a 30 anni vive il suo primo Mondiale. Un gregario di lusso che sta già pensando a cosa farà quando chiuderà la carriera sportiva, ma questi pensieri per il momento vanno in soffitta perché c'è da giocare un Mondiale e la prossima stagione quasi a casa, visto che ha firmato per la neopromossa Emma Villas Siena, che riporta la Tocana nella massima serie del volley.

Maruotti, 30 anni, è romano ma vive a Firenze, una scelta d'amore per la moglie Alessia e il figlio Brando. Casa, amore e lavoro tra Firenze e Siena, ormai Maruotti può essere considerato toscano per più di metà. E se doveva vivere una serata magica, colorata di azzurro tonalità mondiale, era giusto che fosse proprio al Mandela.

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