Il miraggio degli sfavoriti Ma col cuore di Leonida

"Nessuna carovana ha mai raggiunto il suo miraggio, ma è il miraggio che fa muovere le carovane". Guardi la gente di Firenze che da giorni si è messa idealmente in marcia verso l’Olimpico, vedi questa mattina le immagini dei tifosi che hanno colorato di viola e di festa l’autostrada del Sole verso Roma, e pensi davvero a quanto il calcio sia un formidabile acceleratore di viaggi immaginari e meno. L’ultimo luogo dove poter mettere a dimora il sogno. Ora: per la verità la metafora sulle carovane descrive bene l’utopia più che il sogno. E a pensarci bene, visti i valori in campo, la sfida di stasera che consegnerà la coppa Italia numero 73, racchiude davvero in sé qualcosa di utopico per la gente gigliata. L’Inter ha 16 punti in più della Fiorentina in campionato; ha fatto 20 gol in più prendendone uno in meno; secondo Transfermark la sua rosa vale 534 milioni di euro contro i 236 di quella viola e il monte ingaggi è di 133 milioni contro 50. In Economia e quasi ovunque non ci sarebbe partita. Ma il calcio, come tutto lo sport, non è soltanto numeri, figurarsi. Il calcio è altro. Il calcio, come lo sport, è il teatro del possibile e pure dell’impossibile. E per questo, insieme all’Epica, è uno dei pochi luoghi dove la logica è bandita e l’utopia si può trasformare prima in sogno e poi in realtà. Per dire: fosse stato solo per la logica, Leonida non si sarebbe mai incamminato verso le Termopili con soli 300 spartani per fermare 100.000 persiani. E la stessa logica avrebbe sconsigliato nel 1994 al gregario Pantani di alzarsi sui pedali e attaccare il mostro sacro Indurain sulla salita spaccagambe del Mortirolo. Invece, mandando a quel paese la logica e ispirandosi al sogno, entrambi lo fecero, passando per questo direttamente dalla storia alla leggenda. E’ ciò che stasera dovrà fare anche la Fiorentina. Come Leonida, la squadra viola dovrà prima sbarrare la strada verso la porta di Terracciano ai persiani nerazzurri. Si chiamino Dzeko o Martinez, Lukaku o Barella, i nostri 300, Milenkovic e Dodo, Quarta e Biraghi, dovranno comunque ostruire loro il passaggio verso l’area di rigore. E a un certo punto della gara, magari sul Mortirolo del secondo tempo, la squadra dovrà alzarsi anch’essa sui pedali.

E provarci col coraggio degli sfavoriti. Provarci perché non può essere altrimenti. In fondo, dovesse andare male, pazienza: non c’è nessun tifoso viola che, nel tempo malinconico della sconfitta, non abbia imparato l’arte del sapersi rialzare con stile. Dovesse invece contro logica andare bene, la leggenda è lì, dietro l’angolo, pronta a conservare per sempre il tasso altissimo di felicità interna lorda che la conquista della coppa Italia produrrebbe. Una speranza più che un progetto. Comunque qualcosa che mette in moto la carovana, dove nessun cuore viola (idealmente o realmente) può mancare. Io sono già sopra.

è arrivata su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro