Calcio, il pallone toscano a caccia di nuovi padroni

Gli imprenditori locali non ‘investono’ più nel calcio. E arrivano capitali stranieri

Un pallone da calcio (Foto Ansa)

Un pallone da calcio (Foto Ansa)

Firenze, 11 luglio 2018 - Il calcio  toscano racconta belle storie come quelle dell’Arezzo che solo pochi mesi fa, con un fardello di 15 punti di penalità, ha evitato la retrocessione nei dilettanti e il fallimento e così il Cavallino è tornato in pista, vanto di una città come deve essere la squadra di calcio. Oppure vicende più tristi come quelle della Lucchese che in queste ore rischia il terzo crac in dieci anni (un record) dopo le promesse non mantenute da un imprenditore arrivato dalla Valdelsa.

E capita anche che il tifo organizzato diventi proprietario di una società gloriosa (la Massese) e ora i sostenitori, insieme alle istituzioni cittadine, cerchino di traghettarla verso approdi sicuri in serie D. Sta di fatto che il pallone nel Granducato vive momenti di grandi fibrillazioni. C’è la Fiorentina in A, c’è la bella favola dell’Empoli che si arricchisce di pagine nuove dopo che lo scivolone in B è stato cancellato con una cavalcata trionfale.

In B è tornato il Livorno, piazza dove i colpi di scena sono quotidiani prima che si arrivi sempre alla conclusione che senza il patron Aldo Spinelli (arrivato tanti anni fa da Genova perché in città non ci sono imprenditori disponibili) non si può andare avanti. Poi c’è la serie C, la categoria toscana per eccellenza. La nostra regione era l’unica ad avere 10 squadre che poi sono diventate 7 per la promozione del Livorno e la retrocessione di Gavorrano (un’altra bella storia che speriamo si possa riscrivere di un piccolo paese maremmano che era più in alto del capoluogo Grosseto piombato in Eccellenza) e del Prato. Il club laniero  dopo ben 41 anni è tornato nei dilettanti. La famiglia pratese Toccafondi (da sempre alla guida del calcio laniero) ha trovato un accordo con un gruppo italo-canadese che entro il 23 luglio deve garantire le coperture finanziarie. Intanto la squadra è stata iscritta in D ma si vuole il ripescaggio nei prof perché altrimenti il gruppo capitanato dall’avvocato da Joseph Romano riconsegnerà tutto ai Toccafondi.

A Lucca che nostalgia per i tempi del duo Maestrelli-Grassi. Appassionati e imprenditori veri che portarono Lucca a un passo dalla serie A. Dirigenti come loro e come lo stesso Romeo Anconetani (che fu abbandonato dalle banche altrimenti sotto la Torre si sarebbero divertiti ancora dopo tanta serie A) sono rimpianti. Anche a Pisa sono arrivati imprenditori da fuori città che puntano a un progetto complessivo per il nuovo stadio con servizi e parcheggi.

A Siena la dirigenza è ligure e lavora bene come a Carrara e a Pistoia, dove ci sono imprenditori locali che fanno la loro parte con attaccamento e competenza. Ma il problema di fondo è un altro. La serie C è agonizzante (dopo i fallimenti di Modena e Vicenza altre 5 squadre rischiano il crac) perché non c’è un’equa distribuzione dei proventi. In A arrivano tantissimi soldi dai diritti televisivi di cui, in parte, beneficia anche la cadetteria. In C arrivano gli spiccioli, le spese sono tante, i finanziatori locali per la crisi economica latitano e se non ci sarà un aiuto dalle società delle serie maggiori non si andrà avanti. Per salvare la terza serie i premi di valorizzazione per i giovani e le seconde squadre dei club maggiori non bastano. Dirigenti (possibilmente toscani) cercasi: con passione vera e qualche soldo.

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