Quel Cuore di Vetro firmato Timi. Un po' cavaliere e un po' blasfemo

In scena alla Pergola fino al 28 ottobre. La recensione

Applausi alla fine dello spettacolo

Applausi alla fine dello spettacolo

Firenze, 25 ottobre 2018 - Un’ora e quaranta per raccontare, sulla carta, le avventure di un cavaliere e del suo percorso collegato profondamente alla sua anima poetica. «Un cuore di vetro in inverno» di Filippo Timi ha aperto in prima nazionale la stagione del Teatro della Pergola.

Uno spettacolo atteso e dirompente, soprattutto per assistere a un’altra prova di Timi interprete trasgressivo, amato e mai banale. Anche qui la prova di Timi non si è limitata al palcoscenico ma si è estesa alla scrittura nel suo personale e inconfondibile stile che lo contraddistingue. Lo spettacolo sarà in scena fino a domenica 28 ottobre.

Ambientato più o meno nel Seicento è la storia di questo cavaliere errante che parla in umbro, Timi, appunto, che va a combattere contro il drago delle sue paure, lasciando il suo amore ad aspettarlo, nella convinzione e con l’obiettivo di ritornare vittorioso, proprio come in un romanzo cortese e di costume, in grado di stupire, far sorridere e riflettere il pubblico. Timi, bisogna dirlo, è bravissimo. E prima dello spettacolo, quando appare vestito da sposa senza dire una parola è una piccola gioia.

Poi il suo racconto di uno scudiero e di un menestrello, una prostituta e un angelo custode, costituiscono la piccola corte che il cavaliere porta con sé. E fa da contorno alla sua figura, in un carosello che ha del tragicomico. In scena ci sono personaggi che si definiscono e prendono forma in quello che fanno e nel loro star dietro al cavaliere. E se è pur vero che il cavaliere si denuda di tutto e rimane in mutande e dice, a proposito di se stesso: "Eccola, la mia anima, un albero isolato dal mondo, un albero in cima a un dirupo", e con queste parole riassume o vuol riassumere la visione dell’essere umano che si ritrova a combattere la propria guerra,è anche vero che ci sono dei passaggi incompresibili e quasi blasfemi.

Come quando Maria si accoltella la pancia per uccidere il bambino che porta in grembo ed escono piume come fosse un’indemoniata posseduta. E sì che lo presentano come una "specie di via crucis": alla faccia. Io capisco e il pubblico anche il voler raccontare la fragilità dell’individuo che sa di poter contare solo su se stesso e per questo il suo cuore è trasparente. Ma a volte il racconto si presenta troppo farraginoso e forse troppo per addetti ai lavori di teatranti incalliti.

Con Timi in scena bravi, convicenti attori come Marina Rocco, Elena Lietti, Andrea Soffiantini, Michele Capuano Se il messaggio doveva essere che per sopravvivere tutti hanno bisogno degli altri il messaggio non è arrivato a tutti, questo è certo. Poi, certo e giustamente, esiste un vero Timi’s Fan Club che ha battuto le mani anche a sproposito un bel po’ di volte in questa ora e quaranta, ma va bene così. Perchè il teatro è questa Ugrande magia di leggerezza, intelligenza in libera circolazione, intimità e anche fratellanza tra chi lo vede.

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