Il teatro internazionale passa da Rifredi

Incontro col regista e drammaturgo Angelo Savelli: con Giancarlo Mordini e il suo staff ha vinto il premio speciale Ubu 2019

De Biasi, direttore di Pupi e Fresedde; il regista Savelli e l’attore Picchi

De Biasi, direttore di Pupi e Fresedde; il regista Savelli e l’attore Picchi

Firenze, 3 aprile 2020 - " Il premio speciale Ubu per il teatro? E’ stato assegnato a me e alla compagnia per “L’intenso lavoro di traduzione, allestimento e promozione della nuova drammaturgia internazionale”. E’ stata una grande soddisfazione". Angelo Savelli, classe 1951, un curriculum lungo così, è regista, autore e docente, ed "è" il Teatro dei Rifredi, insieme – imprescindibilmente – a Giancarlo Mordini. Tra le tante, dal 1992 si dedica al progetto di promozione “Toscanateatro”. Savelli, non solo regista ma anche traduttore di testi stranieri che vedremo a Rifredi. « Esatto, ce lo auguriamo di cuorei: da cinque anni lavoriamo a questo progetto con la nostra compagnia ed è per questo impegno che abbiamo ricevuto quest’anno il prestigioso premio Ubu. Un po’ per merito nostro e molto per merito di alcuni fantastici drammaturghi: da Eric Emmanuel Schmith, a Josep Maria Mirò, a Remi De Vos, Sergio Blanco e altri. Sono gli autori di i quel “Walking therapie” che è diventato da due anni un vero e proprio cult". Adesso la vostra idea è mettere in scena solo autori vivi e vegeti? "Esatto, autori con i quali abbiamo stabilito un profondo legame personale. Siamo diventati una piccola comunità di sentimenti, di emozioni e idee, essenziali per la creazione artistica". Tra i tanti, amico di Rifredi è pure Ferzan Özpetek . "Ho conosciuto Ferzan nel 2000 e l’ho invitato a Firenze a tenere un workshop sulla riscrittura del Decamerone insieme a me ed Ugo Chiti. In seguito, Ferzan mise a disposizione mia e di Giancarlo la sua casa a Instanbul. In quell’occasione ho conosciuto Serra Yilmaz, e un paio di anni dopo mi invitò a dirigere un Goldoni per il Teatro Comunale di Istanbul. Da qui è nato anche il nostro sodalizio". In questa forzata clausura stiamo riscoprendo il senso di due parole in disuso: solidarietà e competenza. "Hai perfettamente ragione. La cosa che mi ha commosso dopo aver subìto un’operazione improvvisa, è stata la valanga di affetto da cui sono stato sommerso. Non solo da parte dei miei cari, ma di tantissime persone che mi hanno fatto ricordare che noi non siamo solo degli individui ma una collettività e che dobbiamo prenderci cura sia dell’individuo che della collettività: non esiste vera felicità se non è condivisa". E la competenza? "Altro che ’uno vale uno’. Ognuno vale per quello che sa fare e che dovrebbe saper fare al meglio. Il giorno che finalmente sono ritornato in teatro, alla prima della mia messa in scena di “Tebas land” di Sergio Blanco, il mio medico era tra il pubblico. E se quello spettacolo era in scena, il merito non era solo degli artisti ma anche suo. Ecco un’altra cosa da ricordare alla fine di questa epidemia". Savelli ha parlato di emozioni, In realtà il suo teatro non è mai freddo nè cerebrale. "E’ vero, anche se spesso è costruito intorno a contenuti e storie forti e complesse, è sempre percorso da una sana vena emozionale che non si vergogna né di far ridere né di commuovere, o tutte e due le cose come sovente succede nella vita vera. Nel mio lavoro amo soprattutto due cose: il pubblico e gli attori". E dunque? "Ricerco sempre la complicità sia dell’uno che degli altri. Sono loro che mi hanno regalato le mie più grandi soddisfazioni. Ho cominciato la mia carriera teatrale nel 1974 lavorando con Carlo Cecchi e da allora ho realizzato più di cento spettacoli. Non so se il mio effimero lavoro lascerà un segno o se sia stato riconosciuto per quanto valeva". Rimpianti? "Non ne ho perché sono felice nel pensare alle migliaia di spettatori a cui ho regalato un’emozione: quelli che hanno applaudito in piedi “Le tre melarance” al Festival d’Avignone o commossi da “Carmela e Paolino”, “La bastarda di Istanbul”, e dall“L’ultimo harem”. Successi che non esisterebbero senza il contributo di altrettanto meravigliosi attori. Ma una cosa resta a Rifredi: la dimensione internazionale del nostro lavoro". © RIPRODUZIONE RISERVATA

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