Firenze, 7 settembre 2011 - Forse non tutti sanno che nel 1942, quando infuriava la Seconda guerra mondiale, quando Stalingrado veniva contesa tra russi e nazisti, si svolse in un altro angolo del mondo un campionato di calcio. Non uno qualunque: la Coppa del mondo, la coppa Jules Rimet. Dopo quelle del 1934 e del 1938, vinte dall’Italia. Un campionato del mondo che si svolse in Patagonia, in fondo all’Argentina. E a cui parteciparono Italia, Germania, Cile.

E’ una storia dimenticata, una storia che viene ricostruita dal regista fiorentino Filippo Macelloni e dal pisano Lorenzo Garzella, in un film che è stato presentato alla Mostra del cinema di Venezia. Il film si chiama “Il Mundial dimenticato. La vera incredibile storia dei Mondiali di Patagonia del 1942”. Dura un’ora e mezza. Un’ora e mezza di documenti, testimonianze, rari filmati dell’epoca.

Perché ci fu un cineoperatore che riprese le partite di quel Mondiale. E Macelloni e Garzella sono riusciti a ritrovare quei filmati. E su quella storia leggendaria intervistano campioni di ieri e di oggi: c’è anche la testimonianza di Roberto Baggio. Il campione più geniale del calcio degli anni ’90 racconta che cosa ha sentito dire di questa storia leggendaria. E con lui, vengono intervistati Gary Lineker, l’ex presidente della Fifa Joao Havelange, il campione di calcio e poi dirigente del Real Madrid Jorge Valdano. Vengono intervistate persone che ricordano qualcosa, e alla fine viene scovato uno dei superstiti di quella storia: uno dei calciatori della rappresentativa italiana, oggi ottantenne. Ma vispo. E pronto a raccontare la sua storia.

Il film prosegue, con cinegiornali d’epoca, con sequenze inedite degli archivi di Cinecittà Luce, con fotografie, diari privati, e anche con le immagini di alcuni gol. E di risse che si scatenarono in campo. Di rigori parati. Di azioni bellissime, come una specie di “colpo dello scorpione” fatto non da un portiere, come Higuita fece ai Mondiali, ma da un centravanti, per segnare.

Insomma, una storia bellissima. E la cosa più bella, è che è tutta inventata. E’ un’idea del produttore, Daniele Mazzocca, innamorato del calcio e delle sfide impossibili, e dei due registi – il fiorentino Macelloni, il pisano Garzella. Insieme, hanno “sporcato” immagini perfette per farle sembrare risalenti agli anni ’40, hanno inventato storie, hanno mescolato filmati di repertorio e sequenze ricostruite. Hanno inventato storie di operatori matti e geniali, di inondazioni, di miliardari tedeschi, centravanti nazisti, italiani anarchici, di arbitri con la pistola figli di Butch Kassidy.

Un gioco geniale, divertente, ma non privo di sostanza: perché questa storia è anche per molti versi il contrario dell’apoteosi nazista di “Olympia”. “Olympia” era il film che Leni Riefenstahl girò sulle Olimpiadi di Berlino, trasformando gli uomini in semidei ariani. Qui, gli uomini sono pazzi, bizzarri, ma ognuno meritevole di attenzione e amore, nella sua follia.

Questo è un film anarchico, libero, non soltanto perché racconta una storia meravigliosa che non è mai esistita. Ma perché racconta la bellezza di sognare sogni impossibili. Per i calciatori Mapuche, piccoli indios che sognano di vincere un Mondiale. E per i due registi, che sognano di aggiungere un Mondiale alla storia del calcio. E ce l’hanno fatta.