Tumori del sangue, Covid più cattivo se si sospendono le cure

Il professor Alessandro Maria Vannucchi, ordinario di Ematologia dell’Università di Firenze, è tra coloro che sono in prima linea nella lotta contro le neoplasie del sangue

Il professor Alessandro Maria Vannucchi

Il professor Alessandro Maria Vannucchi

Firenze, 24 marzo 2021 - Era fatale, ma oggi il 90% dei pazienti è vivo a 10 anni dalla diagnosi. E’ la Leucemia mieloide cronica, di cui si registrano ogni anno in Italia oltre 1000 nuovi casi, per un totale di 20.000 pazienti che convivono con la malattia che ora fa molto meno paura. Ma gli esperti raccomandano di non sospendere le terapie perché l’infezione da Sars-CoV-2 può essere più cattiva con i pazienti con neoplasie mieloproliferative (una famiglia di tumori del sangue) e i farmaci innovativi oggi disponibili possono aiutarli a difendersi anche dal Covid, riducendone la mortalità. 

È il risultato di uno studio italiano pubblicato sulla prestigiosa rivista Leukemia che vede tra gli autori il prof Alessandro Maria Vannucchi, ordinario di Ematologia dell’Università di Firenze, fra i docenti del corso Philadelphia University, organizzato dall'Accademia Nazionale di Medicina, che prende il nome dei difetti genetici del cromosoma (Philadelphia) legato alle neoplasie mieloproliferative e alla leucemia mieloide cronica.

Lo studio dimostra che continuare le terapie oncologiche in corso di infezione da SARS-CoV-2 non solo non è deleterio ma può contribuire ad aumentare la sopravvivenza all’infezione di pazienti con malattie mieloproliferative.

“Lo studio ha riguardato 175 pazienti con queste malattie, che hanno avuto una diagnosi di Covid-19, tra febbraio e giugno 2020. La mortalità è risultata maggiore per questi pazienti rispetto a quella della popolazione generale, con un massimo del 48% per quelli con mielofibrosi – spiega Alessandro Maria Vannucchi -  È emerso che la mortalità aumenta per i pazienti che interrompono la terapia con ruxolitinib, uno dei farmaci per mielofibrosi e policitemia vera. La molecola è un inibitore delle proteine JAK1 e JAK2, mutate nella quasi totalità dei pazienti, che di recente ha catturato anche l’attenzione di chi cerca terapie contro il Covid – aggiunge Vannucchi – in quanto favorirebbe la soppressione della tempesta di citochine che può dare un contributo importante al danno polmonare provocato dall'infezione virale stessa. Serviranno però altri studi per capire il ruolo del farmaco nell’influenzare la prognosi dell’infezione Covid-19 in questi pazienti”.

“Uno studio italiano sulla rivista The Lancet Haematology – ricorda ancora il professor Vannucchi – ha dimostrato quanto l’infezione da Sars-CoV-2 possa essere pericolosa per chi ha neoplasie del sangue; questi soggetti hanno una mortalità doppia e sintomi più gravi per questa infezione, rispetto alla popolazione generale. Tuttavia il nostro studio mostra che ruxolitinib può difendere almeno alcuni di questi pazienti riducendone il rischio di morte”. Gli ematologi hanno gli occhi puntati anche sul vaccino e su questo fronte ricordano che il Ministero ha incluso alcuni pazienti ematologici nella categoria dei super fragili, quindi con una priorità sulla vaccinazione. “In linea di massima vi sono solo raccomandazioni e nessuna controindicazione alla vaccinazione”, rassicurano gli esperti.  

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