Firenze, 5 giugno 2012 - Lividi ovunque, persino sotto i talloni. Il più delle volte senza apparente motivo, senza cioè aver sbattuto. “Bambole di cristallo” così si sono definite alcune pazienti, che oltre ai problemi dovuti alla malattia devono vivere la vergogna di un corpo a pois. La trombocitopenia immunologica (Itp) è una condizione cronica grave, che provoca bassi livelli di piastrine nel sangue e di conseguenza aumenta esponenzialmente il rischio per i pazienti di ecchimosi, sanguinamenti e, in alcuni casi, di emorragie gravi, anche fatali.

 

Gli individui sani di solito hanno una conta piastrinica di 150.000 - 400.000 piastrine per microlitro di sangue. Di sicuro l’Itp, che nell’età di mezzo (30-60 anni) colpisce in Toscana più le donne degli uomini, ha un’influenza negativa sulla qualità di vita del malato: è spesso associata ad affaticamento e depressione, condizionando pesantemente le attività quotidiane. L’incidenza complessiva (adulti e bambini) varia tra 1 e 12 casi/100.000 persone all’anno, per questo è classificata come malattia rara. All'ospedale Careggi di Firenze sono circa 100 i pazienti seguiti ogni anno.

 

Contro questa patologia è ora a disposizione un nuovo farmaco orale, eltrombopag, un agonista del recettore della trombopoietina, che si è dimostrato capace di produrre e mantenere le piastrine a livelli accettabili. Le problematiche ematologiche e le novità in terapia saranno al centro dell’attenzione dei massimi esperti toscani il 6 giugno presso l’Hotel NH di Firenze, di Piazza Vittorio Veneto, in occasione del convegno dal titolo “Change: Changing haematology knoweledge”, presieduto da Alberto Bosi, Professore Ordinario di Malattie del Sangue all’Università di Firenze e Direttore del reparto di Ematologia dell’Ospedale di Careggi.
 

 

“La trombocitopenia immunologica – spiega Alberto Bosi .– è una malattia di origine autoimmune ed è legata a una combinazione di diversi meccanismi che contribuiscono a determinare l’attacco da parte del sistema immunitario nei confronti delle stesse piastrine dell’individuo. In genere, si manifesta nelle persone adulte in maniera subdola, apparentemente senza alcuna causa scatenante e tende a cronicizzare. Nel bambino, invece, compare quasi sempre dopo un’infezione virale, e pur avendo un decorso più acuto tende ad autorisolversi. Nella maggior parte dei casi, i pazienti non presentano alcun sintomo se la conta piastrinica è superiore a 50.000, mentre per valori più bassi possono comparire emorragie a carico delle gengive, petecchie, sanguinamenti del tubo digerente”.

 

“La terapia dell’ITP – prosegue Bosi - è finalizzata ad ottenere e mantenere un livello di piastrine di sicurezza (almeno superiore a 30.000 per microlitro), e la risoluzione del rischio emorragico, migliorando significativamente la qualità di vita del paziente. La terapia agisce sui meccanismi patogenetici della malattia, limitando la produzione di anticorpi che attaccano le piastrine e i loro progenitori, riducendo la distruzione delle piastrine e, più recentemente, stimolando la produzione delle piastrine a livello dell’organo produttore (il midollo emopoietico) in modo da compensarne la continua perdita. Il paziente piastrinopenico è quello con un livello di piastrine al di sotto delle 100.000 per microlitro, ma non tutti i pazienti piastrinopenici richiedono un trattamento. Il paziente candidato a terapia è il paziente emorragico con piastrine al di sotto di 30.000, ma anche il paziente con livelli piastrinici inferiori a 50.000 può richiedere trattamento se è ad elevato rischio emorragico (età superiore ai 60 anni; storia di precedente emorragia, necessità di interventi chirurgici maggiori, presenza di patologie associate, terapie anticoagulanti in corso) oppure se si tratta di donne gravide in previsione del parto”. 

 

“In genere – continua Bosi- il trattamento di una nuova diagnosi si basa su derivati del cortisone, cui si possono associare particolari immunoglobuline. Il trattamento delle forme croniche, invece, prevede l’asportazione chirurgica della milza (splenectomia), poiché tale organo è sede principale della distruzione piastrinica nella maggior parte dei pazienti. L’intervento è risolutivo in circa due terzi dei casi, ma non vi sono al momento tecniche in grado di stimare con buona precisione la probabilità di risposta del singolo paziente prima dell’intervento. Per coloro nei quali l’intervento sia controindicato oppure non sia stato risolutivo, sono oggi disponibili altre di opzioni che vanno da farmaci che inibiscono l’attività del sistema immunitario fino ad arrivare agli anticorpi monoclonali. Va comunque ricordato che tutti questi interventi sono gravati da effetti indesiderati a volte molto significativi, e che la splenectomia è legata ad una serie di possibili complicazioni legate all’operazione e alle sequele postoperatorie”.
 

 

Grazie a un nuovo gruppo di farmaci chiamati agonisti del recettore della trombopoietina (TPO) che agisce stimolando il meccanismo di produzione di nuove piastrine la vita di questi pazienti può migliorare sensibilmente.
“Il nuovo farmaco – conclude Bosi - è stato registrato sulla base dei risultati di diversi studi clinici. Tra questi il RAISE (RAndomised placebo-controlled ITP Study with Eltrombopag), dal quale emerge che la terapia ha consentito ai 135 pazienti in trattamento di veder aumentare di otto volte la possibilità di mantenere la conta piastrinica tra 50-400,000 durante i sei mesi di trattamento, riducendo di conseguenza le emorragie e il bisogno di interventi di salvataggio. Ad oggi, il nuovo farmaco è inoltre il primo agente approvato che dimostra la capacità di produrre e mantenere piastrine con una terapia orale”.