Fiorentina / Pallone, sorrisi e cuore: sono Dodò. "Da me vivrà una famiglia ucraina"

L’esterno brasiliano si racconta a ruota libera, fra il ’pressing’ di Italiano e il rapporto con De Zerbi. Poi il dramma della guerra

Firenze, 17 dicembre 2022 - L’entusiasmo di Dodò è contagioso. Sguardo furbo e brillante, parlantina italo-portoghese-spagnola che racconta alla grande il suo cuore, le sue emozioni. Le sue ambizioni.

Dodò, la prima domanda è semplice semplice, ma è quella che le farebbe tutta la Firenze viola: come sta?

"Sto bene. Sì, posso dirlo, finalmente. Sto bene, molto bene. Mi sento in forma. Pronto. Sono stato in Brasile due settimane ma non ho fatto vacanza. Ho lavorato con il fisioterapista ogni giorno e adesso...".

Adesso si comincia a fare sul serio?

"Punto forte, anzi tutto, sul 2023. Sono sicuro di fare grandi cose, di essere uno dei protagonisti della prossima parte della stagione. Farò capire alla società che anche se mi ha pagato molti soldi ha fatto bene a scommettere su di me".

Sa che Italiano è esigente e si aspetta molto da lei?

"Se lo so? Il pressing di Italiano è una cosa micidiale. Ha grande fiducia in me. E per quanto riguarda il mio lavoro, ovvero le sue esigenze tattiche nei miei confronti... Beh, è un martello micidiale. Mi chiede di pressare sempre, con o senza palla, di spingere come un matto di essere sempre vicino alla manovra. Arrivare alla Fiorentina e avere lui come allenatore è aver cambiato radicalmente vita".

Eppure, in Ucraina, aveva un altro allenatore italiano, De Zerbi.

"De Zerbi è molto diverso. Con lui dovevo portare palla, muovermi e far correre il pallone avanti, oppure difenderlo... era un gioco più alla... brasiliana".

A proposito di Ucraina: la sua vita sportiva nello Shakhtar è stata travolta e interrotta dalla guerra.

"E’ stato ed è tutto tremendo là, anche se proprio in queste ore posso andare fiero di una piccola-grande cosa che sono riuscito a realizzare".

Ovvero?

"Fra qualche giorno arriveranno a Firenze, la coppia di persone che mi aiutavano a casa là, in Ucraina. Sono marito e moglie, lei è la colf di casa, lui un aiutante... E’ stato molto complicato riuscire a farli venire in Italia. Ci sono voluti sei mesi, ma proprio in queste ore è arrivato il via libera e presto saranno con me e con la mia famiglia".

Che ricorda degli ultimi giorni trascorsi in Ucraina?

"Le bombe su Kiev, il bunker dove sono rimasto con i compagni di squadra e l’allenatore, De Zerbi. Una persona straordinaria che non ci ha mai abbandonato un istante, mentre i dirigenti del club se ne andarono subito".

Poi spuntò la Fiorentina...

"Mi arrivò una telefonata di Burdisso, poi l’interessamento diretto di Barone e di Pradè. Quasi non ci credevo potessi arrivare a giocare in Italia. Non ci pensai due volte, dissi subito di sì. Ma a un patto: volevo diventare della Fiorentina a titolo definitivo e non solo in prestito perchè là, in Ucraina non volevo tornare. Mi chiamò anche il presidente Rocco e il sogno è diventato realtà".

E si è già innamorato di Firenze, giusto?

"E come si fa a non lasciarsi coinvolgere da questa città? Primo con la lingua, qui in Italia, è molto più facile cavarsela... poi... poi a Firenze ci sono piazze bellissime, si mangia alla grande. E appena ho una giornata libera, si va in centro".

Con la ’compagnia’ dei brasiliani?

"Beh, io Igor e Cabral andiamo spesso a pranzo insieme...".

Bistecca e allegria sudamericana: questo il vostro motto?

"E tanti selfie. I tifosi ci salutano volentieri, ci chiedono foto, ci dicono che hanno fiducia nella squadra viola".

E poi c’è il Dodò padre di famiglia...

"Mia mogli e Amanda con i miei figli adesso è in Brasile. Sono con i nostri genitori a Curutiba e anche io sto per raggiungerli per il Natale. Poi tutti a Firenze, anche Lindsey che ha 5 anni e il piccolo Filippo, nato tre mesi fa proprio in Italia".

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