Pier Luigi Pizzi, novant’anni di idee. "Quel film di Fellini mai realizzato"

l grande regista, scenografo e costumista firma il successo di «Rinaldo» in scena al Teatro del Maggio. «Ho iniziato con Zeffirelli: la nostra prima opera è stata Carmen. Eravamo giovani con molte cose da dire»

Il regista Pier Luigi Pizzi

Il regista Pier Luigi Pizzi

FIrenze, 12 settembre 2020 - «La favola di Orfeo di Monteverdi ha aperto al festival di Spoleto,al Teatro del Maggio c’è il Rinaldo di Händel, che riprenderemo alla Fenice di Venezia. A Pesaro va in scena il mio Barbiere di Siviglia per il Rossini Opera Festival e sono impegnato con una mostra dedicata a Hyacinthe Rigaud, ritrattista di Luigi XIV e di Luigi XV, a Parigi, a Versailles. Per ora è tutto qui". Tutto qui. La costante mutazione dell’artista, la diversa pressione che cambia ritmo e ottica all’opera e alla vita: Pier Luigi Pizzi e le generose condivisioni di un pensiero. 90 anni di questo straordinario regista scenografo e costumista, con la verve di un trentenne colto e raffinato. Il suo orizzonte inchioda alla vastità del mondo dell’arte dello spettacolo e traccia una retta. Maestro il suo Rinaldo a Firenze è un trionfo e di un’eleganza che la rappresenta. "E’ uno spettacolo nato 35 anni fa ed andato in giro per il mondo affrontando palcoscenici diversi: ogni volta che ci si rimettono le mani, e l’opera torna in scena non se ne può fare la copia conforme. E’ ovvio che le cose cambiano, ed è doveroso mantenere la freschezza che lo spettacolo richiede". Rinaldo e quelle scene tra luci ed ombre. "Ci sono ventidue “figuranti speciali”, vestiti di nero con una maschera sulla testa, destinati a perdersi nel gioco di luci e ombre disegnato da Massimo Gasparon, mio figlio adottivo". Lei è coevo di Zeffirelli: una vita un po’ simile. "Sì, è vero. Ho cominciato con Franco da giovanissimo, ho sette anni meno di lui. All’inizio abbiamo messo in scena la Carmen a Genova. Io facevo le scene e i costumi, lui la regia. E’ stato un grande successo con protagonista Giulietta Simionato: che fasto". Voi due, fuochi d’artificio. "Eravamo giovani con molte cose da dire e ci siamo divertiti, ci siamo ritrovati al primo festival di Spoleto, Franco mi voleva per “Lo frate innamorato“ di Pergolesi. Poi ci siamo po’ persi e con stili diversi abbiamo avuto percorsi paralleli. Siamo stati fortunati: il nostro non è stato un teatro condizionato dalla politica. E non vedo l’ora di visitare il museo di Franco". Il suo sigillo a Firenze ha dato una svolta anche alla Biennale dell’antiquariato. "Fui chiamato da Giovanni Pratesi segretario generale, che conosceva il mio lavoro. Ho creato le le scenografie di Palazzo Corsini per una decina di anni, poi è arrivato Fabrizio Moretti che voleva fare qualcosa di diverso. Ma va bene così". Maestro, ha qualche rimpianto? "Uno: aver lavorato benissimo per “Il viaggio di G. Mastorna“ il film ideato da Fellini ma mai realizzato". E rimasto nella storia il film non realizzato più famoso della storia del cinema.  

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