Otto marzo e poesie, fiori in versi: così gli autori celebrano la donna

Riconoscenza e futuro nelle raccolte di alcuni autori che cantano, ciascuno a suo modo, la presenza delle donne nella loro esistenza

Mimose, il fiore simbolo dell'8 marzo

Mimose, il fiore simbolo dell'8 marzo

 

Firenze, 8 marzo 2021 – Certo la cronaca mostra spesso il cuore di tenebra che si annida in tanti uomini. I poeti più sensibili non solo a se stessi si interrogano su questi fatti e tornano al “mistero senza fine bello” della donna, nelle sue espressioni di amore. Nei Quaderni del vino  (Ed. Arcipelago Itaca) Lorenzo Bastida compie un percorso di ripensamento indotto dall'assenza della madre, teso tra radici e un presente e un futuro rifioriti anche grazie alla famiglia in cui è padre e compagno: “La bimba che dorme – ai piedi del piano/ ha il sole, la forma – del tempo futuro./ Aspetta. In un sonno – sereno, sicuro". La persona materna, che ha ispirato le poesie di questo volume diventa icona e certezza, “rosa, di petali infinita, / che passa e dura”. C'è in lui una capacità di delicatezza, unita a un bel rigore stilistico, che non lascia indifferenti e che smuove: “Oggi di te dimostrano gli ulivi/ non il ricordo, ma l'intimità/ profonda con la vita”. Nel mondo che dimentica le stagioni della vita illudendo digitalmente che si è sempre stati quel che si è, Bastida riconosce “Io sono le cose che faccio/ le cose che tu fai dentro di me/ e tutto che sono che faccio/ lo sono lo faccio per te”. Il mestiere di vivere si misura dunque col dolore, ma grazie a lei, grazie a loro,  arriva un'estate, un varco “il canto nelle vene/ di chi una goccia ne stillò, che fosse/ seme del rovo che altre vite preme”. La maternità e la riconoscenza accompagnano la poesia che è invece spesso caustica di Aleš Šteger, poeta, scrittore, editore e critico letterario sloveno, di cui Passigli ha pubblicato in questi giorni l'antologia Sopra il cielo sotto la terra. Anche Šteger riflette sull' “arbusto di rose non ancora fiorite in questa densa sera/ di primavera, rose che profumano nelle tue vene, così tanto” e poi intona la preghiera della 'Madre mia': “Madre mia/ che sei nei corpi… Giungi almeno a me,/ al tuo esilio… / Getta almeno oggi/ qualche vuota briciola/ e perdona/ i miei momenti di debolezza,/ quando cerco di rubare alla vita/ più di quanto tu presuma./ Non riportarmi alla vacuità,/ che si frantumino le mie ossa/ mentre mi accarezzi,/ Madre”. Di Lorenzo Bertolani, farmacista a Badia a Settimo, non lontano da dove riposa Dino Campana, Meridiana ha rieditato Sibilla Aleramo. Così bella come un sogno comprensivo del dvd con lo spettacolo omonimo tratto dal libro realizzato e interpretato da Lorella Serni con la collaborazione di Giancarlo Cauteruccio e musiche originali composte ed eseguite dal vivo da Volfango Dami. Bertolani, canta attraverso la voce di Aleramo, l'amore estremo, che le tenta tutte, anche di fronte al manifestarsi della follia dell'amato: “L'ho amato,/ come nessun altro avrebbe mai potuto amarlo/ come si ama l'ultima delle cose che la vita/ ti ha concesso di amare prima della morte./ L'ho amato come il passaggio estremo/ che il destino ti pone/ perché si compia il tuo destino./ Il mio ricordo, tragico e dorato,/ come lui, come il suo viso,/ i suoi capelli, i suoi occhi./ Come il suo libro...”. Gianni Gasparini, in Nostoi (ed. Nomos), avverte la potenza del ricordo, dell'archetipo del desiderio di chi ci è complementare, con un'immagine che sembra adolescente ma proprio per questo conserva la forza orientativa dei ricordi: “Ci porta il vento/ mia piccola sconosciuta/ o mio amore inesistente/ e tutta la vita sognato/. Ti ho incontrata per caso/ nei viali del Luxembourg/. Ti ho intravista vicino ai roseti/ del Jardin des Plantes/. Era a primavera/ e tu non ti sei neppure accorta/ della mia presenza/ avrei voluto dirti una parola/ ma mi è mancato il coraggio/ quando ci siamo incontrati un istante/. Da allora tu sei la mia pena/ tu la mia sofferenza/ o mio.amore inesistente”. Nicola Romano  è un cronista che riconosce in sé i tratti della frammentazione tipica di questo lavoro e in Tra un niente e una menzogna (Passigli) consegna questa immagine autoironica e affettiva alla moglie paziente che in fondo ricompone tutto: “Lo so che spesso sono fuori casa/ e quando in casa sembro ancora fuori/ se un fare — come dici — assai svagato/ ha tutti i fotogrammi d'una assenza/ coi scarsi pour parler da mane a sera./ E allora colgo il senso del messaggio/ se per avermi accanto poi mi chiami/ per il rosario su TV 2000”.

Michele Brancale

 

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