"Ieri accadrà": che succede se la Storia viene messa sotto attacco

Roberto Dami e la difesa dei fatti dal virus del sapere già tutto e di passare alla "prossima cosa"

Roberto Dami, docente di Storia e Filosofia a Firenze

Roberto Dami, docente di Storia e Filosofia a Firenze

Firenze, 19 novembre 2020 - Le fonti di cui oggi uno storico può disporre sono certamente tante. Dal secolo scorso l'implementazione degli audio e dei video, che si sono uniti, per lo studio della storia contemporanea, alla documentazione cartacea e orale, fino alla moltiplicazione operata dalla digitalizzazione, può indurci alla domanda se è possibile oggi "registrare" in un certo senso la storia e concentrarsi sulla sua interpretazione. Gerhard Lohfink ha affrontato questa tematica nel suo 'Gesù di Nazareth' (edito da Queriniana). La logica malata del next, il virus della prossima cosa, d'altra parte, porta a pensare che il tempo è tutto uguale, che la storia è sempre sincronica. Si finisce per annullare anche la cronologia degli eventi.È sul mix tra fatti, documenti e taglio su di essi operato per riportarne il racconto, che oscilla la ricerca dei fondamenti della disciplina della Storia come scienza. È una questione su cui Roberto Dami, che è stato docente di filosofia e storia nei licei di Firenze e nell'ateneo senese, si interroga fin dalla giovinezza.Il punto è stato per lui e anche per altri, attraverso l'approccio storico, non cedere alla deriva ideologica o filosofica, magari polarizzata e volgarizzata nella comunicazione e nella ricostruzione di massa (per cui la Storia è a senso unico, dunque duttile e manipolabile).Dami vede il rischio dell'infingimento, oggi che la Storia è sottoposta alla comunicazione breve, istantanea, potremmo dire “twittizzata”. E' la crisi a cui è sottoposta, in forma di consumo marginale, la cultura non strettamente legata al “tangibile” (l'architettura, l'ingegneria, la medicina ad esempio) e al conveniente (l'economia e la finanza, ad esempio). Nella sua 'Fratelli tutti', papa Francesco scrive che “velocemente dimentichiamo le lezioni della storia, 'maestra di vita'” e riferendosi alla pandemia auspica che “non sia stato l'ennesimo grave evento storico da cui non siamo stati capaci di imparare”. Dami parla e scrive di un vero e proprio 'Attacco alla storia', edito da Mimesis, è uno stare alla superficie delle cose per cui non basta vedere per sapere né sapere per agire (era questo l'adagio con cui si giustificava la mancanza di interventi di fronte a grandi epidemie e a tragedie di popoli e nazioni). Di per sé la mole della documentazione aiuta, ma il lavoro dello storico è entrare in relazione con essa e con tutto ciò che consente di ricostruire storia, con criteri che nel suo libro sviluppa sostanzialmente in due parti: la prima di ricostruzione di quello che la Storia è significata ed è stata considerata nel corso dei secoli, fin dalle prime grandi opere caratterizzate specificamente come storiche; la seconda sui grandi filoni di interpretazione del modo di ricostruire la Storia, fino ai giorni nostri. “La verità è lo scopo fondamentale dello storico – spiega Dami – ma nel senso che essa rappresenta l'oggetto della ricerca ed è distinta dalla verità filosofica, cioè assoluta a seconda di chi la professa, e da quella scientifica delle scienze naturali e matematiche”. Non si tratta di negare l'esistenza di ciò che è oggettivo, ma di sapere che lo storico rigoroso si confronta continuamente con quanto accaduto, con le tracce del passato che sono ancora in nostro possesso, con le testimonianze, le fonti, “che sono il tramite del nostro tentativo di conoscere una verità non più afferrabile, non più riproducibile”. Al termine dell'indagine di un evento “c'è proprio l'evento ricostruito tramite uno sforzo, spesso sofferto e tormentato e fondato sulla credibilità di testimonianze opportunamente vagliate”. Ogni fatto ha cause che lo storico indaga ma, al contrario di chi approfondisce le scienze naturali, fa riferimento non a una serie univoca di causa-effetto. Si evidenziano insomma “ipotesi oggettive, controllabili. Un'oggettività totale, quindi, assoluta è irraggiungibile, sia per per la storia che per qualsiasi ricerca scientifica”. Nel corso della sua ricerca lo storico formula “ipotesi che poi verifica, conclude se confermare o smentire, basandosi su documenti, su testimonianze che sono di vario tipo. Se sono confermate, pur potendo sempre essere smentite, le accetta (sempre provvisoriamente); se sono smentite, le rifiuta. La storia è vera, dice Marrou, ma la sua verità è parziale. Sono d'accordo. Non si può mai chiedere allo storico (come del resto a qualunque scienziato)un'oggettività totale e un'assoluta imparzialità. Dobbiamo chiedere un atteggiamento di onestà intellettuale e scientifica che comporta la definizione dell'orientamento del suo pensiero, le ipotesi, i presupposti da cui si muove e l'accettazione dei limiti del proprio operare”. Michele Brancale

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