I segreti di 300 tombe egizie, il viaggio con Archeologia Viva

Dopo la presentazione al Salone Tourisma, il racconto dell'egittologa Patrizia Piacentini, con l’elenco dei ritrovamenti tra cui un frammento di un sarcofago sul quale è raffigurato il muso di un leopardo

Piacentini

Piacentini

Firenze, 4 marzo 2020 - L’uso dei pinoli era noto ad Alessandria d’Egitto nella preparazione di salse e piatti, citati dal cuoco e scrittore romano Marco Gavio Apicio nel suo De re coquinaria, una collezione di ricette raccolte a Roma nel I sec. d.C., all’epoca dell’imperatore Tiberio. Ma lungo il Nilo dovevano conoscerli  bene anche molto prima, e ne dovevano essere ben ghiotti, se li utilizzavano persino per allietare il viaggio nell’aldilà dei loro cari. 

È una delle tante sorprendenti scoperte nei pressi di Assuan, messe a segno dall’egittologa Patrizia Piacentini nel corso dell’ultima missione di scavo con l’Università di Milano, condotta assieme al Ministero Egiziano delle Antichità. Nel mezzo del deserto, sono state individuate più di trecento tombe, in parte scavate nella collina, in parte sotterranee. I ritrovamenti dicono che nell’arco di un millennio, tra il VII sec. a.C. e il III sec. d.C., furono sepolte le genti del luogo. Di tutte le classi sociali. Compreso il generale Pamerih, comandante delle truppe di Assuan.

«E’ stata una vera emozione ritrovare questo personaggio, con i geroglifici perfetti a indicare nome e rango – spiega la professoressa Piacentini, che ha presentato la scoperta all'ultima edizione del Salone  TourismA di Firenze, in corso fino a domenica –. Questa scoperta ci restituisce l’anello mancante della popolazione di Assuan, di cui avevamo oggetti di tutti i tipi, conoscevano la vita quotidiana ma non conoscevamo loro. Adesso li abbiamo trovati. Abbiamo individuato trecento sepolture, ma sappiamo che ce ne sono più del doppio da scavare».

E adesso come procede la missione? Esperti di medicina legale, partiranno fra pochi giorni con la professoressa Piacentini per tornare in Egitto e fare radiografie e analisi su ossa e tessuti. Un team alla Csi che cercherà di individuare cosa mangiavano, che età avevano e di cosa sono morti.  «Io ho due sogni – prosegue l’egittologa –: salvare e conservare tutti gli oggetti che troviamo, ma sopratutto studiare, ricomporre e poi rimettere nelle tombe tutti questi corpi. Vanno rimessi lì perché è lì che volevano stare. E’ una questione etica. Come dire, voglio bene a queste persone e una volta che le abbiamo studiate è giusto restituirle al loro riposo eterno».

Intanto l’elenco dei ritrovamenti è entusiasmante. A cominciare da un frammento  di un sarcofago sul quale è raffigurato   il muso di un leopardo, simbolo di forza e determinazione, dipinto con colori vivacissimi. E ancora moltissime coperture di mummie, dette cartonnages, fatte di cartapesta, lino e gesso, tenuti insieme da collante d’uovo e completamente dipinte, che servivano per vestire la persona imbalsamata. Così come una barella in legno di palma e lino, usata per posare i defunti nella tomba: «Ce ne saranno appena tre o quattro in tutto l’Egitto di queste portantine – prosegue Piacentini –. E quando l’ho vista mi sono immaginata la cerimonia funebre con i sacerdoti vestiti di bianco che officiavano».  

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