Con le 'Radici' sulla linea di confine di una nuova stagione

Il percorso poetico di Domenico Guarino

La copertina di 'Radici' di Domenico Guarino

La copertina di 'Radici' di Domenico Guarino

Firenze, 30 settembre 2022 - C’è una soglia su cui si indugia in alcune stagioni della vita, quando si sente una voce che spinge a vedere con un altro sguardo il nostro stesso volto, e ad ascoltare quelle stesse voci, di solito delle persone care o che hanno inciso sulla nostra vita, la cui familiarità ci aveva abituato a considerare in modo scontato. A volta è un particolare che ci colpisce a gettare luce su questa linea di confine, ad esempio scorgere “il nostro specchio / venduto al mercatino della domenica”.

Per molti l’appuntamento con la pandemia ha voluto dire anche questo; si è stati costretti a una pausa, lunga, che ha potuto rappresentare anche un’occasione per scavare nel profondo, tornare all’essenziale. Alcuni lo hanno fatto con il linguaggio poetico, linguaggio del ritmo e della pausa. Domenico Guarino (1968), la cui voce siamo abituati a sentire alla radio e a leggere su 'Luce!' e che ha alle spalle soprattutto opere di narrativa e saggistica, ha scelto proprio questo linguaggio per individuare le sue ‘Radici’ (ed. Effigi): un libro che alterna capitoli in prosa ad altri in versi liberi ma ben strutturati.

La prosa aiuta a individuare il contesto e a descrivere tatti umani e interiori di vicini e lontani, come anche i luoghi di provenienza e quelli in cui si vive nel presente con quell’ “organismo” di vita speciale che è una famiglia. La poesia di Guarino declina la gratitudine anche di fronte al “passaggio delle galassie” mentre si resta spiazzati da una nuova età ma non sconfitti dall’ “epifania della caducità”. L’equilibrio si trova stando in bilico e scegliendo tuttavia di amare.

Con ‘Radici’ Guarino ha in un certo senso provato a “suonare il motivo”, levigandone l’esecuzione nel successivo ‘Pensieri Parole’, illustrato dai disegni di Béatrice de France (Edizioni Effigi). Forse andrebbe riletto, in questo periodo post elettorale, anche ‘Eravamo tanti amati’, scritto a sei mani con Andrea Lattanzi e Andrea Marotta. Michele Brancale

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