Archivio Alinari, "Firenze addio"

Venduta la storica sede, foto in salvo

“Le sigaraie abbandonano il lavoro”, foto Luca Comerio (Museo di Storia della fotografia)

“Le sigaraie abbandonano il lavoro”, foto Luca Comerio (Museo di Storia della fotografia)

Firenze, 11 maggio 2019 - «L’Archivio Alinari documenta un pezzo della storia toscana e italiana, con acquisizioni fatte negli anni, e rappresenta un patrimonio che per la Regione Toscana non può essere trascurato. Il presidente Enrico Rossi e io ci stiamo impegnando per la sua acquisizione, ma i passaggi da fare sono tanti. Per fortuna la sovrintendenza archivistica ha notificato l’intero patrimonio, che dunque non potrà andare disperso". Parla chiaro Monica Barni, vicepresidente e assessore alla Cultura della Regione Toscana, su quella che è la realizzazione di una speranza comune: l’Archivio fotografico dei Fratelli Alinari non cadrà nell’oblio, ma diventerà patrimonio pubblico della Regione Toscana.

Il bianco e nero, il grigio, i contorni netti nonostante i secoli, il romanticismo di momenti che rimandano a storie di vita: Fratelli Alinari è la più antica azienda dell’immagine e della comunicazione del mondo, nata a Firenze nel 1852, fondata dai fratelli Leopoldo (1832–1865), Giuseppe (1836–1890) e Romualdo Alinari (1830–1890). La mannaia della crisi non ha risparmiato neppure loro. L’Archivio di Fratelli Alinari «dal 30 giugno 2019 – scrive un comunicato sindacale – non sarà più nella sua sede storica, in largo Alinari a Firenze, perché l’attuale proprietà ha venduto l’immobile. Per il patrimonio invece, oggetto anch’esso di trattativa per la vendita, il trasloco è già in atto e coinvolge direttamente i dipendenti, al fine di garantire la temporanea salvaguardia, in attesa di una nuova sede».

Alinari nel mondo vuol dire storia della fotografia, cioè nome senza uguali di un immenso patrimonio iconografico che parte dall’800. Oggi, per salvare questa ricchezza, è in corso una trattativa i cui esiti saranno noti a fine mese, con il presidente della Fondazione Alinari, Claudio De Polo, attuale proprietario, che commenta: «Siamo alla canna del gas nella sede storica, ma solo per l’inquinamento – dice ironicamente – che si respira». Dopo la vendita dell’immobile a Firenze, il fondo iconografico di valore inestimabile è già ora protagonista del più grande trasloco del mondo di fotografie. Destinazione: il deposito a Calenzano gestito da Art Defender, la società leader nel trasporto di opere d’arte. Se le trattative in corso con la Regione sono top secret, così come il luogo definitivo dell’archivio, incerto è anche il destino dei 22 lavoratori della Fratelli Alinari Idea Spa e Fratelli Alinari Fondazione per la Storia della Fotografia.

Su questo punto, però, De Polo rassicura: «I miei professionisti sono delle eccellenze legate all’archivio, ci sarà sempre bisogno della loro competenza, ma il loro futuro è vincolato adesso al piano economico in previsione dell’accordo». La vendita dell’immobile storico è arrivata principalmente per tre motivi. «La zona di via Nazionale a Firenze – continua De Polo – è molto inquinata e non fa bene al materiale documentario. In secondo luogo, ormai siamo saturi. Siamo passati da 200 mila a 5 milioni di foto, inglobando e salvando molti altri archivi. Infine non dimentichiamo che la vendita di un immobile può farci acquisire finanziamenti da stanziare per altri investimenti legati alla nostra mission». Se l’archivio trasloca, l’attività di gestione delle immagini della Fondazione Alinari proseguirà, con ogni probabilità in uno spazio dello stesso immobile, in quei locali dove iniziò l’avventura di Leopoldo Alinari nel 1852.

Pare che il viaggio dell’archivio sia concluso all’80%. Nei nuovi locali ci sono temperatura e condizioni climatiche adeguate alla conservazione del patrimonio fotografico, per cui sono previste novità super tecnologiche: scatole con sensori speciali e un’app che permetta di vedere su dispositivo mobile l’interno della scatola, realizzando così una ricerca d’archivio degna di un millennial. «Contributi regionali? – chiede Monica Barni – . Mai stati dati perchè mai stati chiesti. Sono mesi che si parla di questa vendita: adesso stiamo solo attenti che il patrimonio non vada disperso».

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