Agnes Heller, la lezione di Firenze

I consigli per l' "educazione volontaria" dei giovani (e non solo)

Agnes Heller

Agnes Heller

Firenze, 22 agosto 2020 - Non è desiderabile che la “saggezza” sia solo una prerogativa degli anziani. La vicenda della panchina usata soprattutto dagli appartenenti alla terza e alla quarta età e sfasciata nel giardino di via Alderotti potrebbe essere derubricata ad episodio di teppismo, forse a spiacevole ragazzata, ma se non si passa oltre al fastidio che suscita, si ritrova intatto, in tutta la sua opportunità e drammaticità, il problema dell'educazione.

La filosofa Agnes Heller, a cui 'Testimonianze' dedica l'ultimo numero, poneva proprio a Firenze la questione, in un convegno promosso dall'Anpas oltre vent'anni fa. La febbre dei consumi, sosteneva, aveva frammentato le coscienze e suscitato una ricchezza senza progetti, privando i più di un senso di appartenenza agli altri.

“E' diminuito il ruolo della famiglia nei processi educativi – osservava Heller - C'è una richiesta di apprendimento, anzi di più, di orientamento, spesso non espressa, che oggi non si coltiva fino ai 18-20 anni. Anche dopo i 50 anni rimane una "profonda esigenza di educazione”, una necessità di sapere e risapere. Prima le esperienze personali erano importanti nella formazione della "saggezza”.

Ma oggi che il tempo è tutto digitale e che il mondo virtuale colonizza le diverse forme di apprendimento, il problema si è aggravato. Heller proponeva a Firenze la strada dell' “educazione volontaria”, offerta gratuitamente e insieme dai più consapevoli come risposta a quel bisogno che tutti, soprattutto i più giovani, hanno, anche quando non lo manifestano.

Le scuole di italiano che hanno dato istruzione gratuitamente a migliaia di persone italiane e straniere lungo tutti questi anni dicono molto di quel mix di gratuità, solidarietà ed educazione che porta anche a non sfasciare le panchine su cui riposano gli anziani. Senza guardare con antipatia ai giovani. "Oggi – sottolineava Heller - ci sono tante forme di occupazioni solitarie, ma il processo educativo deve essere comunitario”.  

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