Firenze, 19 novembre 2012 - Un viaggio a ritroso nel tempo in cerca di risposte. Iniziano oggi le ispezioni delle sepolture di Giovanni dalle Bande Nere e di sua moglie Maria Salviati, padre e madre di Cosimo I de' Medici primo granduca di Toscana, nella cripta del Museo delle Cappelle Medicee di Firenze. Scopo dell'esumazione una revisione conservativa delle sepolture, danneggiate come altre dall'alluvione del 1966, ma pure un'analisi paleopatologica, antropologica e anche medica, per comprendere meglio il tipo di intervento che il condottiero subì prima di morire e per capire le cause del decesso.

La ricerca - un'ispezione venne già effettuata nel 1945 da Gaetano Pieraccini - è finanziata dalla facoltà di medicina di Pisa e fa capo al prof. Gino Fornaciari ed è sostenuta dal dipartimento radiologico dell'area fiorentina. A renderla nota la Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale di Firenze a cui spetta la direzione dei lavori seguiti dalle Soprintendenze per i beni archeologici e per i beni architettonici e paesaggistici e dall'Opificio delle pietre dure.
 

Stamani, spiega la Soprintendenza, ''è stato sollevato il grosso macigno che copriva il vano funebre'', contenente le casse di zinco con i resti ossei dei coniugi. ''Il risanamento delle sepolture, la dettagliata fase di studio dei resti della coppia e la nuova deposizione in idonee casse sono le tre fasi'' dell'operazione che si concluderà nel giro di 10 giorni. In particolare Fornaciari e il suo team, attraverso moderne tecnologie, ''condurranno un'attenta operazione di analisi paleopatologica, antropologica e medica dei resti scheletrici al fine di comprendere meglio il tipo di intervento chirurgico che subì il condottiero mediceo''.


Giovanni de' Medici fu ferito durante uno scontro armato a Governolo, vicino Mantova, il 25 novembre 1526: rimase vittima di un colpo di falconetto e, per la cronaca di Francesco Guicciardini il tiro gli ''percosse e roppe una gamba alquanto sopra al ginocchio''. In seguito subì la parziale amputazione della gamba destra, ma, si spiega, non sopra la ferita ma poco sopra la caviglia ''come appare dalle foto scattate da Pieraccini e Genna nel 1945. La decisione del maestro Abramo'', il chirurgo che lo operò, ''di lasciare 'del percosso tanto che il rimanente si putrefece' (come riportato da Giangirolamo Rossi nel 1833) parrebbe equivalere a una condanna a morte'': decesso che avvenne nella notte tra il 29 e il 30 novembre 1526.