Firenze, 19 marzo 2012 - Da pilastro della cultura ad emblema di ciò che Firenze non dovrebbe essere. L’Accademia di Belle Arti rappresenta lo specchio di una città incapace di valorizzare i suoi tesori. Basta parlare con gli studenti per rendersene conto. “La situazione è triste – dicono -. Troppi iscritti per la capienza delle aule. E poi, mancanza di materiali e scarsa pulizia”. All’origine, concordano i ragazzi, c’è una “malagestione” che va avanti da troppi anni. Un esempio su tutti. “Gli ordini dei materiali vengono fatti in ritardo – spiega un giovane dell’ultimo anno -. Invece che a settembre, sono stati fatti a febbraio. Risultato: i ragazzi che hanno seguito i corsi del primo semestre avevano a disposizione solo un panetto di creta. Il resto, dal gesso ai ferri, hanno dovuto comprarlo da soli”. Un salasso non da poco, visto che per realizzare una scultura grande occorrono almeno sei sacchi di gesso. E ognuno costa sette euro. Chi invece inizia ora i corsi si troverà fin troppo materiale a disposizione. “A chi tutto, a chi nulla. Un po’ come succede nell’economia mondiale”, provano a buttarla sull’ironia gli studenti. Mario è da poco rientrato dall’Erasmus. È stato a studiare a Siviglia e negli occhi ha ancora “quelle belle strutture nuove, spaziose, luminose e pulite”. “Invece qui ogni tanto siamo noi a pulire…”, scuotono il capo i ragazzi.
 

 

“Purtroppo la filosofia è quella di tirare avanti giorno per giorno. Manca la programmazione”, aggiungono. Basta fare un salto nel giardino dell’Accademia per capire quanto siamo lontani anni luce dalle strutture di altri Paesi europei. Vecchi banchi accatastati, una sedia stravecchia, dei pancali. Ma com’è possibile che un angolo di Accademia assomigli ad una discarica? “La situazione s’è deteriorata. Fino a diventare vergognosa”, non usa mezzi termini uno studente. “Fino all’anno scorso i corsi erano annuali. Da quest’anno, invece, pur di attrarre il maggior numero di allievi e avere così maggiori introiti, è stata decisa la semestralizzazione”, fa sapere una studentessa. Che aggiunge: “Se l’avessimo saputo prima, molti di noi sarebbero andati a Carrara”. I motivi? “Con i semestri i corsi sono ridotti all’osso. E poi siamo talmente tanti iscritti che alcuni di noi, nonostante il freddo, hanno dovuto lavorare il marmo fuori, in giardino. Questo perché le aule sono insufficienti”. La convenzione per gli spazi di via Alfani è scaduta, e la succursale messa a disposizione dell’Accademia – un’ala della scuola media Guicciardini, a Careggi, - non è adatta. Tanto che molti docenti si sono rifiutati di andare lì a far lezione.
 

 

“Per loro è anche un discorso di prestigio”, sospirano i ragazzi. Se la situazione del giardino è desolante, non va meglio al primo piano, dove si trovano tre aule che, a febbraio, sono state chiuse dall’Asl. “Per il troppo freddo e per un problema di stabilità del pavimento”, riferiscono gli alunni. Ora sono state riaperte, però in una di queste non possono entrare più di 12 studenti. “Ma chi controlla il rispetto di questo numero?”, pone la domanda una ragazza. Alzando gli occhi verso il cielo, ecco che si nota un pezzo di controsoffitto mancante.
 

 

“Solo per risistemare queste tre aule occorrerebbero 400mila euro”, allargano le braccia i ragazzi. E qualcuno azzarda: “Piuttosto che studiare in queste condizioni, sarebbe meglio andare in periferia, in una struttura degna di questo nome. È inutile rincorrere il prestigio quando mancano perfino le risorse per acquistare i martelletti”.

di ELETTRA GULLE’