Firenze, 24 ottobre 2010 - “L’idea è mettere il pubblico in relazione con l’influenza che la musica rom e quella ebraica del centro est Europa hanno avuto sulla musica classica. Ne sono prova lavori di compositori come Bela Bartok, Brahms, Franz Liszt, che da queste musiche hanno tratto tante ispirazioni”.

 

La prima nazionale di Noi/Altri in programma domenica alle 21alla Sala EX3 – Centro per l’arte contemporanea (Viale Donato Giannotti 81/83/85) inaugura l’ottava edizione della rassegna fiorentina Suoni Riflessi. La performance, a ingresso gratuito, che fa parte anche del programma del Festival della Creatività, vede sul palco Moni Ovadia e la sua Stage Orchestra e l’Ensemble Nuovo Contrappunto diretto da Mario Ancillotti.

 

Il cartellone di Suoni Riflessi proseguirà ogni domenica, fino al 21 novembre alla sala Vanni di piazza del Carmine e vedrà protagonisti l'attrice Milena Vukotich, il tenore Mirko Guadagnini, i piccoli coristi dell’Accademia Musicale di Firenze, l’Ensemble Nuovo Contrappunto, il pianista Alessandro Marangoni e tanti altri musicisti. Ma torniamo all’attesa Noi/Altri in cui Moni Ovadia e le 2 formazioni intrecceranno le loro narrazioni teatral - musicali per esprimere dal vivo il tema dell’erranza fra musica colta e tradizionale. In programma brani di Brahms, Bartok, Prokoviev, pezzi klezmer, danze rumene, canti tradizionali zigani ed ebraici.

“E’ un recital di canzoni e di musiche che mette insieme un ensemble di musica rom e tradizionale ebraica con un ensemble di musica classica – spiega Ovadia – E’ un modo per raccontare che, anche musicalmente, ciò che siamo noi europei lo dobbiamo a contributi molteplici”.

Quale sarà il suo intervento?

“Canterò, farò qualche riflessione, ma gran parte dello spettacolo vedrà protagonisti questi bravi musicisti. Una performance per ricordare che veniamo da un crogiuolo di culture e un po’ tutti faremo meglio a essere più attenti a ciò che ci circonda, a quanto dobbiamo agli altri”.

Che poi è il messaggio guida dello spettacolo …

“Viviamo in mezzo a generalizzazioni, a intollerabili stereotipi, a pressapochismi. Spesso consideriamo dei capisaldi espressioni della cultura che ci circonda, senza sapere da dove vengono. Non parlo solo delle tradizioni rom o ebree, ma anche di quelle arabe e islamiche, da cui proviene il 40% della nostra cultura”.

Che ne pensa del cosiddetto negazionismo?

“E’ una forma camuffata, neanche tanto, di antisemitismo, è una forma di negazione dei diritti, dell’umanità, degli altri. Come si può pensare che la gente si inventi la Shoah? Forse si spiega pensando che chi sostiene questa assurdità è per sua natura infido, falso, malvagio. E di sicuro antisemita”.

Lei viene spesso in Toscana con i suoi spettacoli …

“Ho proposto spesso quelli più agili, il cabaret, ma le mie produzioni più importanti sono assenti dai teatri fiorentini da almeno 8 anni. Mi dispiace per questo grande pubblico che mi ha sempre dimostrato interesse e affetto”.

Che effetto le fa esibirsi in un centro d’arte?

“E’ una cosa trascinante. Ritengo che aprire gli spazi a eventi musicali e teatrali sia importante. Questo spettacolo, che è nato dallo stimolo di Mario Ancillotti, mio e di Paolo Rocca, uno dei musicisti della mia orchestra, in questo è perfetto, visto che si presta sia a essere proposto in contesti che si occupano di meticciato culturale, ma anche in teatro e in ambito classico”.