Lungarno Torrigiani, un anno fa la voragine. Per la quale nessuno ha pagato

Il caso del cedimento dell'argine fece il giro del mondo

Il lungarno Torrigiani: a sinistra oggi, a destra com'era dopo il crollo

Il lungarno Torrigiani: a sinistra oggi, a destra com'era dopo il crollo

Firenze, 25 maggio 2017 - Il primo avviso si manifestò sottoforma di un allagamento prepotente, diversi centimetri d’acqua che mentre qualcuno era già a letto inondarono la strada. Poi la quiete, accompagnata da un primo intervento dei tecnici. Infine, tempesta: di danni ma anche di polemiche, quelle che, a 365 giorni di distanza esatti da quel crollo che grazie alla (o per colpa della) vicinanza al Ponte Vecchio, fecero diventare drammaticamente virale l’immagine di Firenze ferita, non si sono ancora sopite.

Lungarno Torrigiani, un anno dopo, è una fastidiosa sensazione che quella cicatrice non sia ancora rimarginata. Un’inchiesta penale conclusasi con un nulla di fatto, un conto ancora in sospeso sulla spesa per i lavori che nessuno crede che non graverà sul cittadino contribuente, e pure la beffa di un nuovo cantiere, aperto una manciata di mesi dopo una sorta di inaugurazione in pompa magna nel cinquantesimo anniversario dell’Alluvione, lo scorso 4 novembre.

Publiacqua - il cui presidente Filippo Vannoni, fedelissimo di Renzi e amicissimo di Marroni, è finito pure come testimone dell’inchiesta Consip - non è mai stata formalmente investita da una formale iscrizione sul registro degli indagati. All’indomani della voragine choc, venne consegnata la testa del suo amministratore delegato, Alessandro Carfì (che restò senza poltrona appena qualche giorno, visto che a giugno trovò un posticino nella lucchese Geal) e cominciò un braccio di ferro sulle responsabilità tra Palazzo Vecchio e la stessa Publiacqua.

La società, però, si comportò come una possibile «imputata», visto che commissionò pure una propria relazione per investigare sulle origini del disastro. Per loro, infatti, il cratere che si era creato era dovuto allo scivolamento della collina verso il letto del fiume. Di tutt’altro avviso i consulenti della procura, che invece ipotizzarono un ventaglio di responsabilità così ampio in capo ai vari amministratori delle nostre tubature da non rendere più definibile un possibile colpevole da perseguire.

E il risultato è stata una richiesta di archiviazione, depositata per altro pochi giorni dopo quella cerimonia che coinvolse pure il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che il 4 novembre era per l’appunto a Firenze. Oggi, che non appena la bolletta rincara si pensa subito a quei milioni spesi per riparare il Lungarno (ma Publiacqua ha precisato che l’ultimo aumento del 2,9% registrato ad aprile era «pianificato» per migliorare le rete), paradossalmente l’inchiesta della procura non è ancora chiusa, perché negli uffici guidati da Giuseppe Creazzo non è arrivata una risposta dal giudice, Bagnai, sul destino di quell’ipotesi di crollo colposo.

In compenso, le ruspe si sono rimesse in moto: c’è un varco per la sosta, consentita ai residenti, ma sono in corso i lavori, previsti sì per una nuova conformazione del tratto stradale ma pure per un collegamento delle tubature rifatte.

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