Coronavirus, il vino prodotto resta fermo in cantina

L’allarme è lanciato da Fedagripesca che chiede un intervento immediato delle Istituzioni

Una cantina

Una cantina

Firenze, 1 aprile 2020 – Usa la metafora del “bicchiere mezzo vuoto” Ritano Baragli, vicepresidente di Fedagripesca Confcooperative Toscana per spiegare la situazione della viticoltura messa in ginocchio dalla crisi economica derivante dal Covid-19. “Siamo in attesa del peggio - ammette Baragli - e il peggio arriverà quando finiranno anche le poche esportazioni finora rimaste in piedi. Fra poco arriverà il periodo della vendemmia che rischia di trovarci totalmente senza difese economiche per poterla affrontare. Ora, non fra qualche settimana o mese, abbiamo bisogno di ossigeno, liquidità per onorare i nostri impegni e per preparare quelli che ci attendono. Per questo che gli interventi della Ue, del Governo e della Regione Toscana devono arrivare subito sia con proroghe, sospensioni e dilazioni dei pagamenti, sia con credito garantito a lungo e lunghissimo termine con tassi azzerati o quasi”. “Dobbiamo vendere il vino – aggiunge - ma la domanda è in calo e così i prezzi continuano ad abbassarsi e si restringono i margini. E’ come se nel nostro motore arrivasse sempre meno benzina e a costi sempre più alti. Abbiamo e avremo sempre più vino fermo nelle cantine e l’effetto saranno molte svendite che sviliranno il prodotto toscano”. “Anche per questo - conclude Baragli - servirebbe da parte delle istituzioni un progetto complessivo che aiuti la trasformazione ecologica del nostro sistema produttivo, puntando sulla cosiddetta vendemmia verde in cui la produzione diminuisce in quantità ma aumenta in qualità e redditività senza limitarci ai soli vigneti marginali”.  

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