Vangi: "Il mio Cristo porta la pace"

L’ultima opera dell’artista novantenne è per la grande basilica di Seul: l’uomo al centro della sua arte

di Paolo Guidotti

Sulla soglia dei 90 anni Giuliano Vangi, grande scultore italiano, nato a Barberino di Mugello, non ha intenzione di mettersi da parte. Anzi. Ha appena ultimato le opere destinate alla grande basilica di Seul, in Corea del Sud, progettata dall’architetto Mario Botta. E racconta la sua ultima fatica.

Maestro a che punto è il lavoro?

"E’ già tutto imballato. Ho realizzato un grande Cristo Crocifisso, in legno intagliato e dipinto, alto tre metri e sessanta, la croce in carbonio e due disegni, l’Annunciazione e l’Ultima Cena, alti tre metri e lunghi venti, possibile vederli davanti e di dietro, trasferiti su vetro attraverso un processo serigrafico".

Opere impressionanti, anche nell’impegno fisico che richiedono. Qual è il suo segreto?

"Sì, ho durato una gran fatica. Però resisto. Per i lavori è stato necessario un ponteggio, sali e scendi dalla mattina alla sera. Quando si scolpisce una cosa in alto, scendendo a terra ti accorgi spesso che non va bene, e si deve correggere: così ho fatto una bella sfacchinata. Era un lavoro da fare quando avevo 30-40 anni!".

Quanto incide il momento che stiamo vivendo sulla sua espressione artistica?

"Molto. Anche il fatto di non potersi incontrare con gli amici, e confrontarsi, discutere, far vedere i bozzetti. Io dal lockdown non ho aperto più nessuno. E dalla mattina alla sera sono a scolpire questo Cristo e disegnare queste figure. Nell’Ultima Cena ho voluto rappresentare anche l’architetto Botta, per il Cristo ho preso a modello un nipote, vicino al Cristo ho raffigurato un prete coreano che ha richiesto questa opera e c’è anche un altro architetto coreano, collaboratore di Botta. Sono venuti qui dalla Corea per posare. Giuda però non l’ha voluto far nessuno, e l’ho raffigurato con una giacchetta in testa, che si chiude dalla vergogna".

Quel suo Cristo di Seul è particolare.

"La mia scultura è sempre stata abbastanza forte, drammatica. Col tempo ho fatto cose più dolci, legate alla natura, e rifare un Cristo drammatico sarebbe stato un tornare indietro, agli anni ‘80. Questo è un Cristo che esprime la Risurrezione, e guai non ci fosse la Risurrezione".

La sua arte è spesso espressione di trascendenza e spiritualità.

"I valori spirituali per me sono il massimo. Non vede che cosa accade oggi? C’ è bisogno di ripensare a molte cose nella nostra vita, e l’elemento spirituale, il pensiero più alto che va oltre le vicende terrene è fondamentale. Così anche l’arte. Quando un’opera è importante ha mille misteri, si svela a poco a poco. E’ un fatto mistico, religioso".

C’è qualcosa che la ispira?

"La natura, e l’uomo con tutte le sue gioie e i suoi dolori. L’immagine dell’uomo per me è fondamentale".

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