Vaccini: "In generale meglio convincere, ma per i sanitari giustificato anche obbligo"

Il legislatore ha introdotto l’obbligo di vaccinazione anti COVID-19 per i lavoratori della sanità. Ne abbiamo parlato con il professor Paolo Bonanni, direttore del Dipartimento di Scienze della Salute (DSS) al Policlinico Universitario Careggi Firenze

vaccinazioni

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Firenze, 9 aprile 2021 -  Sta facendo molto discutere l'introduzione dell'obbligo vaccinale anticovid per  “gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie e parafarmacie e negli studi professionali”, introdotto dal Decreto legge del 1 aprile scorso. Al momento le percentuali di sanitari vaccinati in Italia supera il 91%. Una buona copertura dunque.

Tuttavia per chi non ottempera all'obbligo è prevista la sospensione dallo svolgimento di mansioni che implicano “contatti interpersonali" o "comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2”. In pratica  il datore di lavoro deve verificare se è possibile adibire il lavoratore ad altra mansione che non preveda l’esposizione al rischio (anche mansione inferiore con riconoscimento della retribuzione dovuta per le mansioni temporaneamente assegnate); se tale verifica dà esito negativo, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore senza retribuzione. La sospensione opera “fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021”.

Dell'obbligo vaccinale per i sanitari abbiamo parlato con il professor Paolo Bonanni direttore del Dipartimento di Scienze della Salute (DSS) al Policlinico Universitario Careggi Firenze, chiedendogli innazitutto come valuti questa misura.

"In linea generale, se una cosa può  essere posta come non obbligatoria, io credo che sia meglio: l’obbligo ha senso quando non c'è un’adesione consapevole ad una misura che dovrebbe essere considerata naturale per chi si occupa di sanità. Quindi diciamo che il mio auspicio è che gli operatori sanitari capiscano l’importanza della vaccinazione, innanzitutto per loro stessi,  perché corrono il rischio di contrarre una malattia che può essere seria.  E poi perché la professione che svolgono li porta ad essere a contatto anche con persone particolarmente fragili quindi devono essere  protetti per non correre il rischio di contagiare gli altri. Poi va considerato  che l'operatore sanitario che si ammala  leva professionalità alla cura delle persone in un momento molto delicato. Infine c'è anche un aspetto educativo, se vogliamo. Di comunicazione: essendo quello che ne sa più di tutti in materia sanitaria, dovrebbe dare anche l’esempio nei confronti della popolazione, aderendo in maniera convinta.

Quindi?

A mio parere dipende tutto dall'adesione. Se cioè le coperture fossero in modo importante sotto un livello accettabile, allora lì si può aprire un discorso sull’obbligatorietà. Del resto anche in situazioni prepandemiche alcune Regioni stavano ragionando sulla necessità di mettere un obbligo ad esempio per quello che riguarda il vaccino antifluenzale o contro morbillo, parotite etc, in quanto tra gli operatori sanitari abbiamo livelli di adesione storicamente abbastanza bassi.

Va detto tuttavia che il Consiglio d'Europa, il 27 gennaio scorso, ha stabilito  che cli Stati non devono rendere la vaccinazione contro il Covid obbligatoria per nessuno e almeno per il momento non devono utilizzare i certificati di vaccinazione come passaporti. Come la mettiamo?

In Europa ci sono tantissime sensibilità  diverse. Nel Regno Unito, a metà dell’800 hanno provato ad istituire un obbligo vaccinale per quanto riguarda il vaiolo, ma  ci fu una rivolta vera e propria. Rivolta  che però non aveva a che fare con l’importanza della vaccinazione, ma  riguardava il fatto che i cittadini mal digerivano le imposizioni dall’alto. Ed infatti, pur non vigendo nessun obbligo, nel Regno Unito, se si va a vedere, le coperture vaccinali in generale sono sempre tra le più alte. Quindi è una questione di cultura che determina un’adesione volontaria e consapevole e matura ai vaccini, che, come sappiamo, sono stati  stati definiti 'la più grande conquista della storia in ambito sanitario" in quanto hanno benefici enormi e  pochissimi rischi. Il che non è paragonabile con nessun'altra misura. 

I vaccini anti covid hanno una serie di incognite che riguardano gli effetti a lungo e medio termine, non assicurano dal rischio di trasmettere ugualmente il virus, e, in caso di conseguenze negative,  non sono previsti  indennizzi. Di fronte a queste incognite non ritiene che l'obbligo sia una misura eccessivamente gravosa?  Non bastano, per proteggere i pazienti, i dispositivi di protezione individuale che vengono indossati dal personale sanitario e dal paziente?

Tutto concorre alla sicurezza dell’operatore e del paziente. I vaccini hanno un profilo di sicurezza altissimo. Del resto nessuno ha obbligato l’operatore sanitario a scegliere quel tipo di professione e a sottoscrivere un contratto col servizio sanitario nazionale. Se si accetta questo bisogna anche accettare di sottoporsi ad una misura altamente protettiva per lui e  per gli altri. Anche i giubbotti antiproiettili più performanti possono  non proteggere del tutto, ma questo non vuol dire che chi deve farlo  non lo indossi. Ripeto. i vaccini hanno una caratteristica di efficacia e sicurezza altissima, mediamente, perché l'operatore sanitario dovrebbe dunque negare a se e agli altri questo tipo di protezione?

La previsione del demansionamento o  della sospensione non sono eccessivamente gravose? Non rischiano per altro di togliere forze importanti in questo momento in cui si tratta di affrontare un'emergenza sanitaria?

Se i numeri sono quelli di cui stiamo discutendo probabilmente non corriamo alcun rischio. Forse il demansionamento non è la soluzione migliore. Magari  bisognerà trovare forme diverse. Tuttavia, ripeto, non trovo molto logico per l'operatore sanitario, proprio per il tipo di scelta che ha fatto, sottrarsi ad una richiesta di questo tipo. Per altro ci sono anche le questioni che riguardano la sicurezza sul luogo di lavoro e i relativi obblighi che comunque fanno capo sia al lavoratore che  al datore di lavoro, ovvero al Servizio Sanitario Nazionale.

Domenico Guarino

 

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